Il De Lillo che non ti aspetti ora nel film di Jacquot

È “Body Art” il libro del grande scrittore americano portato sul grande schermo da Benoit Jacquot, col titolo “A jamais”. Un testo diverso da tutti gli altri, dove non ci sono gli intrecci narrativi che poco alla volta svelano squarci di vita americana, né i rimandi alla fine dell’American Dream. Qui protagonista è la mente, sono i pensieri. Ed il loro sviluppo. Fino a diventare surreale…

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Chi sa di De Lillo, di Don De Lillo, sa di “spazzatura nucleare” o di palle da baseball. Sa delle difficoltà – di cui mette a parte i lettori – di trovare un modo per narrare il Novecento americano. Sa delle rockstar, sa di quelle piccole vicende domestiche che segnarono la guerra fredda. Lontana, quasi un’eco in quelle villette bifamiliari americane eppure ugualmente vicinissima. Sa, ha imparato a capire cosa sia il postmodernismo.

Bene, tutto questo bisogna metterlo da parte. Almeno per una volta. Perché Body Art – il romanzo d’inizio millennio di Don De Lillo – è un libro diverso dagli altri. Da tutti i suoi altri libri.

Affermazione forte, per altro non condivisa. Autorevolissimi commentatori scrivono che anche Body Art è “profondamente suo”. Forse. Certo, però, qui non ci sono gli intrecci narrativi che poco alla volta, dettaglio dopo dettaglio svelano squarci di vita americana. Qui non c’è nulla che rimandi alla fine dell’American Dream. Qui non c’è né odio, né amore come abbiamo imparato a leggerlo raccontato da Don De Lillo, qui non c’è lo scetticismo che ti fa capire che le sue storie non sono mai finite.

Sia chiaro: neanche questa “finisce”. Almeno nel senso tradizionale del termine. Solo che qui, in Body Art, non ci sono veri e propri protagonisti. In carne ed ossa. Qui protagonista è la mente, sono i pensieri. Ed il loro sviluppo. Logico, semplice all’inizio, poi forse illogico. Fino a diventare surreale.

Ovviamente, c’è un “canovaccio” a cui fare riferimento. Un’artista, una performer, una donna che pratica la body art, ha sposato un sessantaquattrenne regista e autore di sceneggiature. Che ha uno strano ma non avventuroso passato alle spalle: nato in Sud America, s’è trasferito negli States, cambiando nome.31aNoe79KIL._BO1,204,203,200_

Vivono tranquilli, in una casa, in una enorme villa isolata, poco distante dal mare, dove svolgono la loro “normale” attività domestica. Alla quale – soprattutto lei – vuole dare dignità culturale. Raccontandosi che anche la divisione dei compiti mattutini per preparare la colazione, rimanda a diverse sensibilità. A diversi angoli di visuale del mondo.

Comunque, Laurene – la lei – e Rey – lui – vivono tranquillamente. Poi, l’arrivo inaspettato della tragedia. Il suicidio dell’uomo. Avvenuto nella casa della prima moglie. I motivi? Sono indagati distrattamente ma non contano.

Laurene sta per misurarsi con le difficoltà dell’assenza in quella enorme casa, nella quale ha scelto di continuare a vivere ancora per pochi mesi, quando sente un rumore provenire da una specie di sottotetto. Dove né lei, né suo marito erano mai entrati. E lì scopre l’esistenza di uno strano essere. Un po’ bambino, un po’ uomo, un po’ ibrido. Che sembra neanche sappia parlare. O meglio: non parla nel modo con cui lo intendiamo noi. Dice parole. Ripete stralci delle conversazioni fra Laurene e Rey.

Questo significa che quell’essere – a cui la donna dà il nome di un suo vecchio maestro di scuola – li ha spiati per mesi, da quella stanza? Dice parole.

Lei comunque non ha paura. Anche perché non sa se esista davvero, se sia l’incarnazione di suo marito. O se abbia una vita autonoma. O magari sia solo una proiezione.

Ma sono domande che non interessano. Che non interessano a Laurene. Nei tentativi di colloquio, lei continua a cercare. Tracce di suo marito, a volte conforto, cerca di leggere sé stessa, il mondo che ha conosciuto. Prova ad intessere una relazione, anche se forse parla solo allo specchio.

In un gioco di piani che si intrecciano, arrivando a confondere ciò che è vero, ciò che sembra vero e ciò che si immagina. Che si desidera.
E basta questo perché molti abbiano tentato un parallelismo fra il Don De Lillo di Body Art e uno dei capolavori di Altman, Images. E sicuramente in comune hanno la ricerca. Di superare i limiti della conoscenza. Di provare strade mai percorse per allargare la percezione. Non sapendo se ci si riesca o meno. Ma solo provandoci.