“La tenerezza”, il cuore in inverno di Gianni Amelio
Il 22 aprile al Bif&st di Bari e in sala dal 24 aprile “La tenerezza” di Gianni Amelio, più che liberamente ispirato al romanzo di Lorenzo Marone “La tentazione di essere felici”. Un avvocato in pensione col cuore in inverno da quando gli è morta la moglie, che ormai ha due sole attività: consumare le scarpe passeggiando e rubare da scuola il nipote. Un film asciutto e commovente, con bravi interpreti e il respiro di un classico…
Il respiro di un classico. Questa la prima sensazione che ti regala, esplicita e generosa, La tenerezza di Gianni Amelio. Espressa volutamente – con l’audacia di chi non ha paura di andare controcorrente – fin dai titoli di testa (in testa, appunto); dalla bellezza delle immagini; dal non uso di camere a spalla; dai campi e controcampi con cui segue e asseconda i suoi magnifici interpreti: Giovanna Mezzogiorno, Micaela Ramazzotti, Greta Scacchi, Elio Germano (ma anche i tre diversi bimbi), capitanati, tutti, dal protagonista di questa storia, Renato Carpentieri.
E non a caso il film si apre e chiude con lo stesso sipario: il Palazzo di Giustizia, dove Elena (Giovanna Mezzogiorno) traduce, per professione, quanto dice in sua difesa l’ennesimo imputato immigrato. Non sempre non sospettabile.
Siamo in una Napoli maestosa e misera, sfregiata ovunque dai segnacci colorati e tetri tracciati dai sui figli inquieti.
È qui che vive, radicato come il pino delle guaches che la ritraggono, Lorenzo, un avvocato in pensione che ha ormai due sole attività: consumare le scarpe passeggiando e rubare da scuola il nipote, a cui vuol bene come voleva ai suoi due figli da piccoli. Che ora non ama più.
Lo fa ogni tanto, senza dirlo ad Elena la figlia traduttrice, secondo cuore in inverno di questa storia dopo il suo, da anni gelido e chiuso ad ogni emozione da quando è morta la moglie che, per altro, pubblicamente neanche amava. Ma ce n’è un altro, insospettabile, di cuore in inverno: quello di Fabio (Elio Germano), un giovane ingegnere del Nord che a Napoli è stato “deportato” per lavoro e ha preso casa per caso dove confina il terrazzo di Lorenzo, per lui e la sua famiglia. Più che serena, in apparenza: due bimbi e la loro mamma (Micaela Ramazzotti) che il cuore, invece che in inverno, l’ha sempre caldo, come in eterna, avanzata primavera. Sarà lei, curiosa, estroversa, svagata e disponibile, la prima in grado di cominciare a sciogliere quel gelo. Seguita poi – quando un evento terribile bloccherà il suo “miracolo” – dal caparbio desiderio di Elena di riaprirsi e riaprire il rapporto col padre.
Un film asciutto e commovente. Già dal titolo La tenerezza.
“Che mi è venuto – ci racconta il regista – dal gesto che conclude il film. Un gesto che ha un riferimento: il finale straordinario di Ladri di biciclette quando il bambino prende la mano del padre. Io penso alla testardaggine con cui Elena cerca di scardinare la chiusura che imprigiona Lorenzo. E ci vuole coraggio a non essere timidi, a osare un gesto come questo. La tenerezza, la morbidezza è necessaria, ci serve per cacciare l’ansia perché ci dà una libertà indispensabile in un momento e in un mondo come questo, fatto di inganni e trappole improvvise. Di grande crisi dei padri e delle guide in cui l’amore si accompagna alla paura, non solo di non essere amati ma anche a quella di non saper amare nel modo giusto. Questa è una storia di sentimenti di famiglia inquieti, di creature del tutto prive di maschere. Io ho solo aggiunto al protagonista, che per la prima volta è un mio coetaneo, un’inquietudine che mi appartiene: una mia sorta di rifiuto alle premure altrui che nasce dal mio rifiuto all’idea di invecchiare. Anche se io non stiro, come Lorenzo anch’io da quando ho 19 anni ogni giorno mi lavo personalmente la camicia e i miei indumenti intimi. E vado a fare la spesa, come faceva Monicelli, un piacere di accudimento di se stessi che non voglio nemmeno immaginare di non riuscire più a fare. Ma l’autobiografia, intendo quella vera, è quella che mette in scena e stana i nostri timori, le nostre fragilità”.
E se gli chiedi come a fatto a dirigere i suoi attori in modo così perfetto e come si spiega che il film non sia arrivato né a Venezia né a Cannes, ecco le sue risposte: “L’unico vero fiuto che ho è che la scelta degli attori la so fare. Ed è magnifico quando il regista viene superato da chi ha scelto. Quanto ai festival, ci sono stato e ho vinto premi molte volte, ma volete mettere la libertà di non dover rispondere alle prime 4 domande che nelle conferenze dei festival partono sempre, non si sa perché, da abusivi imbecilli? O di subire recensioni da critici costretti a vedere 4 film di seguito e che poi dopo pochi mesi cambiano parere? No, io in questo momento ho un solo desiderio: che sia il pubblico ad amare il mio film”.
Più che liberamente ispirato al romanzo di Lorenzo Marone La tentazione di essere felici edito nel 2015 da Longanesi, La Tenerezza uscirà il 24 aprile, il giorno prima dell’anniversario della Liberazione.
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