Riprendiamoci (anche) il ’68. In sala gli “anni dimenticati” di Silvano Agosti

In sala dal 4 ottobre (per Istituto Luce Cinecittà), “Ora e sempre riprendiamoci la vita” di Silvano Agosti, passsato al festival di Locarno e condiviso da un pubblico numeroso e attento. Una bella raccolta di immagini e interviste del decennio post rivoluzione. Un decennio, quello dal ’68 al ’78, dice il regista, “che ha cambiato il mondo, come la rivoluzione francese e la rivoluzione russa” …

Sarà perché il Sessantotto sembra così lontano da questi nostri anni, sarà perché i festival di Cannes e Venezia non hanno pensato di ricordare l’anniversario, ma la scelta di Locarno di presentare fuori concorso il documentario di Silvano Agosti, Ora e sempre riprendiamoci la vita, bella raccolta di immagini e interviste sulla rivolta giovanile e operaia, appare coerente con lo spirito della manifestazione svizzera ed è stata condivisa da un pubblico numeroso e attento. Premiato alla fine delle proiezioni da un incontro improvvistato con il regista.

Il film, dedicato a Mauro Rostagno si apre proprio con uno spezzone di un suo intervento all’Università di Trento nel decennale del 68. È stata una grande fortuna dice il leader studentesco, che il movimento sia stato sconfitto. Ora come allora, per il regista, è nella dissacrazione del potere che va cercata l’energia della rivolta, (spiega al publico che lo circonda. E aggiunge che chiamerà il suo amico Grillo per pregarlo per l’ultima volta di lasciare la guida del Paese a uomini come Berlusconi che meglio lo rispecchiano).

Scorrono le immagini degli scontri a valle Giulia e il regista Bernardo Bertolucci, osservando un agente che lancia un sasso, si chiede se non sia proprio quello che lo colpì a una gamba. Paolo Pietrangeli, cantatutore e regista televisivo, canta una delle sue canzoni prima di raccontare la sua giornata alla facoltà di legge alla Sapienza durante l’assalto fascista.

Si ascolta Petrangeli e si vede piovere dal cielo una pertica che colpisce un ragazzo alla schiena. Casca a terra, lo portano via… Sono immagini durissime. Canta anche Oreste Scalzone altro leader di Potere Operaio, prima dell’intervista e Luca Piperno, anche lui di PotOp, ricorda che in fondo la cosa più speciale di quegli anni è la carica vitale, la forza e l’ottimismo che veniva dallo stare insieme.

Sono datate anche le interviste, non solo le immagini del Sessantotto, per evitare l’effetto nostalgia, “ho preferito così”, spiega il regista, “perché i protagonisti mostrano ancora il vigore di quegli anni”. Ecco le assemblee della Fiat, gli studenti di Milano e Mario Capanna spiega perché il corteo decise di andare a tirare le uova alle signore impellicciate che andavano alla Scala.

“Tre giorni prima ad Avola avevano sparato e ucciso due contadini che chiedevano il rispetto di un contratto firmato 5 anni prima, non eravamo impazziti, ma non potevamo far finta di niente” e sullo schermo si vedono le immagini di quei funerali, donne in nero sorrette, uomini con la coppola, i baffi e le basette lunghe, un’Italia remota e allora senza voce.

C’è Franca Rame, che racconta con leggerezza come è nato il soccorso rosso, l’organizzazione che sosteneva i detenuti, politici e non. Un lavoro immane quando non importava a nessuno se chi finiva dentro subiva oltre alla condanna in aggiunta torture, umiliazioni e vessazioni. Un’impegno che ha pagato con uno stupro.

Lei racconta e Agosti riprende le labbra sempre più tese del marito, Dario Fo. A colori le immagini del raduno di Bologna, contrapposte a quelle, in bianco e nero, dei carri armati spediti dal governo a tenere a bada quei pericolosi indiani metropolitani. È il regista a tirare le fila del film: “In futuro, se ci sarà uno storico onesto, sentirà come legittima la necessità di avvicinare i dieci anni trascorsi tra il 1968 e il 1978 ai grandi eventi che hanno cambiato il mondo come la rivoluzione francese e la rivoluzione russa”.