Io Jane tu Serge. Diario intimo di una sex symbol tra cinema, musica e scandali d’autore

In occasione della scomparsa di Jane Birkin riproponiamo la recensione di “Munkey Diaries. Diario 1957 – 1982″ (Edizioni Clichy), il primo volume delle memorie dell’attrice e cantante britannica, divertente, stravagante, audace e presenza incandescente del ’68. A lungo compagna del cantautore-mito francese, Serge Gainsbourg, deve a lui il brano-scandalo, “Je t’aime…moi non plus”, che le ha offerto fama planetaria. Tra i suoi ruoli più iconici, quello in “Blow up” di Antonioni

David Hemmings e Jane Birkin in “Blow Up” (1966) di Michelangelo Antonioni

È a sorpresa una donna complessa, divertente, stravagante, audace e autentica la Jane Birkin che emerge da Munkey Diaries. Diario 1957 – 1982 (Edizioni Clichy, 374 pp., 19 euro), il primo volume delle memorie dell’artista britannica sex symbol interprete nel 1969, insieme all’indimenticabile, mitico cantautore, attore e regista Serge Gainsbourg, della sensualissima canzone Je t’aime…moi non plus, lo scandalo di quegli anni e con cui raggiunse la celebrità planetaria.

Nella sua carriera ha prodotto 13 album, una filmografia d’eccezione, a partire da Blow up del 1966 (nelle foto) diretta da Michelangelo Antonioni, è stata presenza incandescente nel 1968 con Alain Delon e Romy Schneider in La piscina di Jacques Deray, ha riscosso il successo popolare con Pierre Richard; oltre a produrre lungometraggi ha inoltre recitato in teatro sotto l’egida di Patrice Chéreau.

Munkey si chiama lo scimmiotto in peluche vestito da fantino vinto da uno zio a una tombola e che l’ha accompagnata dall’età di undici anni – ovvero dal 1957 – fino a quando lo seppellì insieme al grande, devastante amore della sua vita, Gainsbourg, nel marzo del 1991: “ho deposto Munkey accanto a Serge nella bara in cui giaceva, come un faraone. La mia scimmia per proteggerlo nell’aldilà”.

A chi più che a Munkey, che “ha dormito al mio fianco, condiviso con me la malinconia dell’adolescenza e la mia vita con John [il primo marito], Serge e Jacques [Doillon, il regista], testimone di tutte le mie gioie e tristezze, dotato di un potere magico”? si chiede.

Soltanto a lui poteva confidare nel gennaio del 1968: “C’è un uomo che amo e il suo nome è Serge Gainsbourg. Ha un modo di fare particolare, ma è così diverso da tutti, dissoluto ma puro al tempo stesso”.

E proprio a Gainsbourg Jane Birkin dedica il maggior numero di pagine e la più grande dichiarazione d’amore: “Per Serge vorrei convertirmi all’ebraismo, voglio fare di tutto per dimostrargli il mio amore e che gli sarò fedele per sempre”.

Un giorno esclamò, rivolta all’amato “dopo due dozzine di ostriche e troppo vino” che “ho voglia di andare in un bordello!”, e si recarono seduta stante in una sordida casa di Pigalle. Il diario non manca di altri episodi “piccanti”, quali l’acquisto, in rue Saint-Denis per la gioia di Serge, di bambole gonfiabili e kit erotici per signore.

“Ecco, Munkey, ora sai tutto (…) come la vita con Serge è diventata insopportabile, il suo alcolismo, e io la sua marionetta”. Non mette in discussione il suo legame con Gainsbourg, ma viene attratta dal regista Jacques Doillon; al suo fianco, scopre che l’amore è più semplice, “pur sapendo che non sarò mai felice senza Serge. Se me ne vado, mi mancherà sempre la mia vita eccezionale accanto a un uomo eccezionale”.

A lui ha dedicato, ancora quest’anno, una tournée Gainbourg Symphonique in cui interpreta, accompagnata dall’Orchestra Sinfonica di Nauchâtel e con Carla Bruni, la figlia Lou Doillon e il cantautore Alain Sauchon, i testi del suo defunto amore. L’ultima rappresentazione, inizialmente prevista per il 31 marzo nell’Auditorium Stravinki di Montreux, è stata rinviata a causa del covid al 16 settembre.

La voce della candida musa appare dolce e timida, in contrasto con la narrazione a tratti dura e alla donna forte che emerge dinanzi a Gainsbourg; lui logora la loro relazione man mano che si autodistrugge: “Rifiuto la potenza del suo amore, la sua autorità, la sua superiorità” scrive nel giorno in cui decide di lasciare, con Kate e Charlotte, avuta dal leggendario cantautore, l’abitazione parigina del n. 5 bis della rue de Verneuil che Gainsbourg aveva allestito in maniera eccentrica a proprio uso e gusto e rimasta fino all’ultimo la sua alcova di passioni trasgressive e delle canzoni d’amore più belle del mondo. Riaperta al pubblico di recente dalla figlia Charlotte, resta un luogo di culto per i fan che tuttora lasciano messaggi, poesie e graffiti sui muri dello stabile.

Nata nell’elegante quartiere londinese di Chelsea, da una nota attrice teatrale e da un ammiraglio della marina inglese, Jane Birkin ci fornisce una testimonianza appassionante sulla sua carriera e sugli incontri che hanno segnato la sua vita, in questo primo volume fino al 1982, anno di nascita della terza figlia Lou, avuta da Doillon.

Clichy si appresta a pubblicare dopo l’estate il seguito del diario, “la mia seconda vita” – già apparso in Francia con il titolo Post scriptum 1982–2013 – concluso nel giorno della scomparsa della primogenita Kate Barry. Poi più nulla: “sono entrata in un’epoca in cui vivevo in una realtà parallela, ‘tu eri qui, ma non c’eri’ mi ha detto Marlowe, il figlio di Lou, ed era così, non avevo più niente da dire. Con la morte di Kate, ho chiuso il mio diario”.