Modesta a parte. La post-moderna eroina di Goliarda Sapienza rivisitata a Cannes da Valeria Golino

Presentata nelle Séances Spéciales di Cannes 2024 “L’arte della gioia” di Valeria Golino. La serie (Sky) tratta dal capolavoro di Goliarda Sapienza prende solo un pezzetto del libro, ritagliandolo per renderlo più appetibile al pubblico di oggi, amante delle ambientazioni nobili e degli amori osteggiati. Il finale prepara una seconda stagione annunciata al Festival. Intanto, però, questa prima passerà per le sale in due parti, la prima dal 30 maggio e la seconda dal 16 giugno con Vision Distribution …

L’arte della gioia di Goliarda Sapienza (1924-1996) trovò un pubblico vero, in Italia, solo dopo che ebbe fatto fortuna in Francia grazie alla lungimiranza di Nathalie Castagné, che scelse di tradurlo. È probabile che Cannes abbia scelto di presentare l’adattamento del romanzo in serie tv (Sky) firmato da Valeria Golino proprio per questo.

Ma tra le Séances Spéciales la serie c fa solo un giro veloce, giusto per stuzzicare la curiosità. Un episodio solo dei sei totali, accompagnato da una masterclass della regista. Poi via nelle sale italiane in due tranche: i primi tre episodi dal 30 maggio, gli ultimi dal 16 giugno.

Cercare il battesimo seriale nelle pagine di Sapienza non è semplice. Tanto più in questo romanzo, che la scrittrice iniziò negli anni ‘60 e rimaneggiò a lungo, fino a rivederlo poco prima di morire. Insomma, ne L’arte della gioia c’è la cura e la forza dell’opera di una vita, sostenuta dall’orgoglio della sua autrice, che rifiutò sempre di stravolgerlo per favorirne la pubblicazione. E c’è, soprattutto, uno sguardo portentoso sul Novecento, inaugurato assieme alla protagonista, Modesta, nata il 1 gennaio 1900.

Vista con l’occhio di oggi, però, nella storia c’è anche una miniera di temi che fanno gola. Erotismo, disabilità, amori proibiti e omosessuali. A legare tutto è un fil rouge di sangue e desiderio, ossia Modesta, un personaggio capace di far scandalo negli anni ‘70 e di scatenare indifferenza glaciale a fine secolo. Per il pubblico dei nostri giorni questi spunti possono invece diventare oro colato.

Golino ci punta. La sceneggiatura della serie, scritta a dieci mani (la stessa regista con Francesca Marciano, Valia Santella, Luca Infascelli e Stefano Sardo), mette l’accento su un altro degli aspetti di tendenza negli ultimi anni: le storie di corte. Per conferma basterà dire che Netflix ha in produzione una rivisitazione del Gattopardo, incentrata su Angelica. La storia va quindi a farsi benedire, del Novecento rimane solo una pallida ombra. Brilla unicamente la malinconia gattopardesca di una nobiltà siciliana in disarmo. La parte precedente, tra le origini contadine di Modesta e la formazione in convento, è un preludio che non decolla.

L’approccio al romanzo in generale è quello del ritaglio, ossia prendere i temi e limarli, così da compiacere un pubblico il più ampio possibile. L’esempio più chiaro ce lo dà la sottolineatura dell’epidemia di spagnola: mascherine, contagi, quarantene. Per noi gente post-pandemica un déjà-vu, messo lì col chiaro intento di farci sentire personalmente coinvolti dalla storia.

Se la parentesi in palazzo spicca lo si deve soprattutto a Valeria Bruni Tedeschi, che trova nella principessa Gaia, corrosa dalla noia, una delle sue interpretazioni migliori. Tutto il cast dà ottima prova di sé, per la verità, a cominciare dalla brava e giovane protagonista Tecla Insolia. Senza scordare Guido Caprino, credibilissimo nel suo burbero Carmine, gestore delle terre di famiglia.

Chi ne fa le spese, forse, è Modesta, e con lei la sua autrice Sapienza. Golino aveva avvisato: «scontenterà i puristi». Eppure non è l’infedeltà al libro che smorza gli entusiasmi, quanto più la sfocatura sullo spirito della protagonista, sfrondata dei suoi aspetti più calcolatori e interessanti. La Modesta di Golino, al contrario, ondeggia in uno strano strabismo tra l’apparenza di brutto anatroccolo e le sue azioni di ribellione e strategia.

È pur vero che la serie avrà occasione di riparare. Prorio da Cannes è stato annunciato il seguito. E d’altronde materiale ce n’è, le vicende narrate non sono nemmeno la metà del libro. Il vero augurio, però, è che, come è successo con La storia di Elsa Morante, l’adattamento possa fare da volano a una riscoperta del romanzo.