Addio Gigi Dall’Aglio, quando (anche) il teatro era un Collettivo. Non solo a Parma
È scomparso a causa del Covid, il 5 dicembre, Gigi Dall’Aglio, tra i fondatori di una delle prime cooperative teatrali italiane, la Compagnia del Collettivo di Parma. Un meraviglioso gruppo di autori/attori teatrali la cui storia corre parallela alla stagione dei movimenti, a partire da quel ’68 della contestazione globale e della messa in discussione dei codici, non solo del palcoscenico…
Questo maledetto covid-19 ha colpito ancora. Il 5 dicembre si è portato via Gigi Dall’Aglio, che nel 1971 era stato tra i fondatori di una delle prime cooperative teatrali italiane, la Compagnia del Collettivo di Parma. È una di quelle notizie che mai avrei voluto ricevere, tanta è la stima e la riconoscenza per lui e per il lavoro di quel meraviglioso gruppo di autori/attori teatrali. Teatro e cinema spesso si intrecciano; in questo caso l’invito è a rivivere o nel caso a scoprire questa magnifica esperienza attraverso il racconto che ne fece qualche anno fa il documentario Principi e prigionieri.
La storia della Compagnia del Collettivo corre parallela alla stagione dei movimenti, a partire da quel ’68 della contestazione globale e della messa in discussione dei codici, non solo teatrali: la compagnia era autenticamente un Collettivo, a significare l’assenza di gerarchie e di ruoli, dove il pubblico stesso partecipava alla discussione e all’elaborazione dei lavori messi in scena. I lunghi anni di quella storia sono poi approdati, per meriti conseguiti sul campo, all’investitura di Compagnia Stabile dotata di un bellissimo luogo di rappresentazione, il Teatro Due, affacciato sulla Parma. No, non è un refuso, il torrente che taglia in due la città viene enunciato al femminile.
Di Dall’Aglio ho ricordi ed intrecci personali incancellabili che oggi, data la notizia, fanno molto male.
La prima volta che ne sentii pronunciare il nome fu grazie ad amici che frequentavano il Liceo D’Annunzio del mio paese, Fidenza (PR). Mi parlavano della fascinazione che veniva dalle lezioni di lettere di quel professore che in classe parlava anche di teatro, quello che stava facendo.
Anche io raccolsi la sollecitazione del prof ad assistere agli spettacoli in cartellone al Festival del Teatro Universitario, sotto il tendone da circo montato nel cortile della Pilotta, il palazzo dei Farnese in centro a Parma. Mi folgorò.
Era il 1974 o giù di lì. Ma il prof di lettere dei miei amici non era il solo a inoculare il virus-Collettivo. Un’altra insegnante di lettere, la mia, era amica di “quelli del Collettivo”. Con lei, Lina Zoni, abbiamo assistito a molti spettacoli del Teatro Due, l’ultimo non molti anni fa. Credo di avere ancora, da qualche parte, rotoli e rotoli di locandine di quella stagione, mia e del Collettivo.
Gigi Dall’Aglio aveva insegnato teatro anche alla scuola Paolo Grassi di Milano e aveva diretto oltre 200 lavori, tra prosa e lirica, in Italia e all’estero: Shakespeare, Buchner, Sofocle, Canetti, Goldoni, Brecht, giusto per dirne alcuni. Ma c’è uno spettacolo, messo in scena ogni anno dal Teatro Due nel Giorno della Memoria, al quale ho cercato di non mancare mai. Come un rito laico al quale non si può rinunciare da quando è iniziato, nel 1984: era L’istruttoria di Peter Weiss per la regia di Gigi. Negli ultimi 36 anni credo di averlo visto almeno una ventina volte. Il testo ma soprattutto l’allestimento e la regia sono cosa da non lasciare indenni ogni volta, a cominciare dall’ingresso in sala, anche se lo conosci a memoria. O forse proprio per quello.
La straordinaria storia di quel gruppo teatrale era stata raccontata da Margherita Becchetti nel libro, Il teatro del conflitto – La compagnia del collettivo nella stagione dei movimenti 1968/1976 (Odradek Edizioni – 2003) e successivamente raccolta nel documentario Principi e Prigionieri (vedilo qui) di Amedeo Guarnieri e Lucrezia Le Moli Munck.
Il Collettivo, negli anni, ha perso altre adorate figure di attori e fondatori fin da quel lontano 1971: Tania Rocchetta e prima di lei Giorgio Gennari… E ora Gigi Dall’Aglio che è morto di Covid proprio quando stava lavorando ad una nuova produzione: In teatro non si muore…, un testo tratto dal libro, Il teatro dall’interno della sua pupilla, la cui uscita è prevista per il gennaio 2021 (Nuova Editrice Berti). Parlando del nuovo lavoro, Dall’Aglio, aveva detto: “Cos’è il teatro se non un modo straordinario ed efficace per riflettere sulla morte? Solo il rito del teatro può aiutarci ad esorcizzare la paura della fine e a sostenerci per meglio affrontare tutto il corso dell’esistenza”. È terribile quanto più vera suoni la sua frase oggi che lui non c’è più.
Gino Delledonne
Gino Delledonne
Architetto e docente universitario a contratto. Ha collaborato alle pagine culturali di vari giornali tra i quali "Diario" e "Archivio". Devoto del gruppo garage punk degli Oblivians.
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