Addio Michel Piccoli, monumento del cinema europeo. E provocatore riservato
Michel Piccoli, immenso attore francese, si è spento lo scorso 12 maggio a 94 anni, ma la notizia è stata confermata solamente oggi. Ha lavorato con i più grandi del cinema europeo, da Buñuel a Godard, da Ferreri a Resnais. Segnando in modo indelebile anche il cinema italiano (Petri, Bellocchio, Moretti tra gli altri). Oltre al cinema, fondamentale il suo impegno teatrale e la sua fede politica, comunista fin da ragazzo e “nemico” pubblico di Le Pen …
Brigitte Bardot e Michel Piccoli durante le riprese de Il disprezzo
È morto il 12 maggio, Michel Piccoli, ma la notizia, che pure era trapelata dando il via a un carosello di smentite, è stata confermata soltanto oggi, 18 maggio, quasi una settimana dopo.
Un ritardo che, in realtà, non sorprende perché la riservatezza è stata da sempre uno dei suoi tratti distintivi. In tempi come questi, che ci hanno abituato a un macabro conteggio quotidiano di morti senza nome, questo triste annuncio risveglia un senso di costernazione che sembrava ormai dimenticato. Ci si può ancora sentire sinceramente dispiaciuti per una morte sola? Anche nella sua uscita di scena, in cui il Covid non ha avuto alcun ruolo (si è trattato infatti di un “incidente cerebrale”), Piccoli si è inconsapevolmente eretto a interprete delle contraddizioni del nostro presente.
La sua scomparsa colpisce soprattutto perché, come pochi altri, ha saputo essere il volto di tutto il miglior cinema europeo, un vero e proprio monumento dell’intero continente. Non è un caso che nel 2011 l’EFA, l’Accademia del cinema europeo presieduta da Wim Wenders, abbia voluto assegnargli un riconoscimento alla carriera. Ma sui premi, di fronte ad attori del calibro di Piccoli, non ha senso dilungarsi. Né, tantomeno, ha senso elencare stancamente i titoli dei film che compongono la sua carriera, lunga quasi settant’anni.
Figlio di un violinista ticinese e di una pianista francese, Michel Piccoli nasce a Parigi il 27 dicembre 1925 e al cinema arriva giovanissimo. Nemmeno ventenne esordisce in Silenziosa minaccia di Christian-Jaque, adattamento di un romanzo mai tradotto in Italia. Aveva già alle spalle l’esperienza teatrale, che non abbandonerà mai ma anzi affiancherà a quella cinematografica, riuscendo nella difficile impresa di non influenzare il proprio lavoro per lo schermo con una recitazione eccessivamente teatrale e viceversa.
La svolta della sua vita è l’incontro con Buñuel, con il quale, a partire dal ruolo del missionario Lizardi ne La selva dei dannati (1956), si svilupperà un sodalizio artistico straordinario, basato su un forte sentire comune. Ateo e anticlericale convinto, comunista fin dall’adolescenza Michel Piccoli si legherà con i grandi intellettuali della Rive Gauche: la sua seconda moglie Juliette Gréco, Sartre e Signoret in testa. Arrivando poi, in tempi più recenti, a scagliarsi più e più volte pubblicamente contro l’estremismo del Front National di Le Pen.
Con Buñuel proseguirà offrendo il suo volto ai titoli capitali del grande spagnolo, tra cui Il fantasma della libertà e Il fascino discreto della borghesia, in ruoli completamente diversi che mettono in luce le sue capacità. La consacrazione definitiva arriva prima ne Lo spione di Jean-Pierre Melville e poi ne Il disprezzo di Jean-Luc Godard, tratto dal romanzo di Moravia, in cui diventa il marito di Brigitte Bardot nei panni dello sceneggiatore Javal, in quello che diventerà uno dei film culto della Nouvelle Vague.
Piccoli, infatti, di quella nuova onda del cinema francese ne diventa protagonista assoluto lavorando pressoché con tutti gli esponenti del movimento (René Clément, Alain Resnais, Roger Vadim, Alain Cavalier, Jacques Demy). Ma è la sua straordinaria capacità di calarsi in una galleria variegatissima di personaggi che fa di lui un mito in grado di valicare i confini del cinema francese.
All’italiano Marco Ferreri, il grande provocatore, Piccoli si legherà attraverso un percorso artistico lungo nove titoli, Dillinger è morto (disponibile gratuitamente su Rai Play), La grande abbuffata, Come sono buoni i bianchi, tra i più significativi. Mentre in vecchiaia troverà nel portoghese Manoel De Oliveira il suo ultimo mentore.
Tanti i suoi ruoli indimenticabili, per Marco Bellocchio il giudice in Salto nel vuoto (che gli regalerà la palma come miglior attore a Cannes); per Claude Sautet il marito fedifrago di L’amante dal romanzo di Paul Guimard; per Mario Bava l’ispettore Ginko nel suo adattamento di Diabolik e, nuovamente, un prete nell’esordio alla regia di Tovoli tratto da Il generale dell’armata morta di Kadaré, poi il papa rinunciatario di Moretti e addirittura, una irresistibile anziana signora nella fiaba surreale, I giardini d’autunno del folle georgiano, Otar Iosselliani.
Piccoli è stato anche, a suo modo, un antidivo, un uomo schivo che nonostante l’enorme successo non ha mai ceduto alla vanità della celebrità. Ed allo stesso modo, in sordina, se ne è andato. D’altronde, nel chiasso mediatico di questa pandemia, non esiste nulla di più scenico e meno rumoroso di un monumento che scompare.
Tobia Cimini
Perditempo professionista. Spende il novanta percento del suo tempo leggendo, vedendo un film o ascoltando Bruce Springsteen. Nel restante dieci, dorme.
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