Addio William Hurt, il divo che non voleva essere star. Da “Il bacio della donna ragno” all’universo Marvel


Il mondo del cinema in lutto per la scomparsa William Hurt, attore statunitense versatile e iconico, scomparso a 71 anni il 13 marzo. Premio Oscar nell’85 per il personaggio dell’omosessuale imprigionato dalla dittatura argentina, nato dalla penna di Manuel Puig e portato al cinema da Héctor Babenco ne Il bacio della donna ragno, Hart è stato un grandissimo interprete intenso, riservato, seducente.

Nato il 20 marzo 1950 a Washington, nel corso della sua lunga carriera cominciata in teatro, William Hurt ha ottenuto anche due nomination come miglior attore per il giornalista di Dentro la notizia di James L. Brooks e l’insegnante in una scuola per sordi in Figli di un dio minore di Randa Haines dall’omonima pièce di Mark Medoff e un’altra come attore non protagonista per meno di dieci minuti di schermo, nel 2005, nei panni di un boss mafioso in A History of Violence di David Cronenberg dall’omonimo fumetto di John Wagner.

Da lì del resto era partito. Dal body horror di un altro grande visionario come Ken Russell che, nell’80, lo volle protagonista nei panni dello scienziato tormentato di Stati di allucinazione, diventato un culto del genere. Ma il vero successo arriva l’anno dopo col letterario (dal noir di James Cain) Brivido Caldo di Lawrence Kasdan dove al fianco di Kathleen Turner, nei panni degli amanti terribili, s’impone come star e sex-symbol internazionale. Seguiranno infatti altri due grandi ruoli da protagonista: l’ispettore russo di Gorky Park, adattamento di Michael Apted dell’omonimo romanzo di Martin Cruz Smith e il sofferente psicologo de Il grande freddo, film culto generazionale diretto da Lawrence Kasdan che dirigerà William Hurt anche nei successivi Turista per caso (1988) e T’amerò fino ad ammazzarti (1990)

Il successo commerciale e di critica di quei film porta Hunt nel firmamento dei divi, ma lui non sembra assaporarne il piacere. “Non è giusto che la mia privacy sia invasa fino a questo punto”, si lamentava in un’intervista dell’89 al New York Times. “Sono un uomo molto riservato e ho il diritto di esserlo”. Forse è per questo che arriva a rifiutare alcuni titoli famosissimi come Jurassic Park e Misery. E il suo momento sotto i riflettori finisce per coincidere anche con un periodo di problemi personali, uso di droghe e alcol. E travagliata diventa anche la relazione con Marlee Matlin, la sua co-protagonista di Figli di un dio minore.

Negli anni ’90 William Hurt coglie i frutti di una carriera sempre molto attenta nelle scelte e spesso costruita sulla sensibilità di autori dall’indole europea. È il caso di Woody Allen in Alice (1990) e Wim Wenders (Fino alla fine del mondo del ’91) e poi una ricca carrellata di titoli letterari: La peste di Luis Puenzo dall’omonimo romanzo di Albert Camus; Smoke di Wayne Wang scritto da Paul Auster; Into the Wild di Sean Penn dal romanzo di Jon Krakauer dove veste i panni del padre del giovane protagonista in fuga dal consumismo. E poi nel 1996 viene scelto da Franco Zeffirelli per uno dei suoi più ambiziosi progetti internazionali: è il disperato Signor Rochester di Jane Eyre dal classico di Charlotte Bronte.

Più recentemente, William Hurt è diventato noto ai più giovani per le interpretazioni nei film della scuderia Marvel: Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War, Avengers: Endgame e Black Widow.

In passato l’attore ha dovuto affrontare una dura battaglia contro un tumore. È stato sposato con l’attrice Mary Beth Hurt dal 1971 al 1982 e con Heidi Henderson dal 1989 al 1991. A dare l’annuncio della sua morte “serenamente in famiglia, per cause naturali” è stato uno dei figli.