Dietro le quinte di un mito. Vita e miracoli dell’autore che inventò Cyrano
In sala dal 18 aprile (per Officine UBU), “Cyrano mon amour” di Alexis Michalik, adattamento della sua stessa fortunata pièce, “Edmond”. I retroscena che portarono il giovane drammaturgo e poeta francese Edmond Rostand alla creazione del personaggio che lo rese celebre. Film vivace e cipriato, decisamente per tutti, senza rinunciare a garbo e intelligenza …

Edmond è un omino (in realtà nemmeno trentenne, ma alla fine dell’Ottocento i giovani di quell’età erano e si presentavano già come adulti) con baffi per niente sparvieri.
Fa il drammaturgo, o meglio vorrebbe, ma i fiaschi si susseguono, l’attitudine a scrivere in versi annoia le platee e i debiti avanzano velocemente, dato che ci sono anche due pargoli e una moglie da mantenere.
Col suo carattere un po’ schivo, esitante, potrebbe finire lì, ma per fortuna che c’è la travolgente diva Sarah Bernhardt, che gli è amica e lo spinge e lo sospinge fino a farlo planare al centro dei suoi desideri: scrivere una commedia, addirittura per l’attore più famoso nella Parigi della Belle Epoque: Coquelin.
E scriverla in corsa, mentre si fanno le prove in scena, prendendo spunto da quel che Edmond vede e sente intorno a sé, mentre le battute gli vengono strappate via man mano che le scrive. Trama bizzarra? Troppo arzigogolata? Affatto, signori miei: Alexis Michalik – al suo primo vero lungometraggio – ha attinto alla vera storia di Edmond Rostand e della nascita del Cyrano de Bergerac, nonché della fama imperitura che ne derivò per lo scrittore francese.
Cyrano mon amour, che esce il 18 aprile nelle sale, è davvero un atto d’amore, un percorso appassionato di come nasce un capolavoro, a volte in modi del tutto casuali. E insieme un omaggio all’arte del teatro, dal quale proviene (il regista lo ha allestito sul palcoscenico con successo, prima di riuscire a portarlo sul set).
Celebrandola con ritmi vertiginosi, cambi di scena a vista, un sontuosissimo apparato di scene e costumi d’epoca, mentre la cinepresa si diverte a volteggiare con prospettive a pozzetto, o inseguendo i protagonisti in lunghe riprese con la steadycam. Naturalmente con un gran godimento degli attori che si ritagliano ruoli da mattatori in primissimo piano. Come Olivier Gourmet nei panni di Coquelin, assai divertito nel misurarsi su più registri, dal comico al drammatico, come si conviene a un attore del suo rango.
Thomas Soliveres è un Rostand perfettamente aderente a quello storico, quello che non ti aspetteresti, così mammolo eppure capace di scrivere i monologhi di Cyrano tanto taglienti e feroci. Talento che sboccia grazie al sostegno della moglie prima e della “musa” inconsapevole, poi, la sartina Jeanne (una frizzante Lucie Boujenah) amante della poesia e a sua volta amata dall’amico di Edmond, Léo (il prestante Tom Leeb), in un copione di vita da cui uscirà il calco per quello romanzato.
Altrettanto azzeccato il resto del cast, dove si inserisce lo stesso Michalik con un cammeo ironico dedicato all’altezzoso Georges Feydeau e si impone la presenza arguta di Monsieur Honoré (Jean-Michel Martial) che è l’insolito proprietario (essendo nero di pelle a quei tempi non proprio privi di pregiudizi) di un caffè letterario.
Film vivace e cipriato, decisamente per tutti, senza rinunciare a garbo e intelligenza.
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