I ragazzi che volevano cambiare il mondo. “Lotta continua” è doc e va su Rai3
In onda il 13 gennaio (ore 21.15) su Rai3 “Lotta continua” di Tony Saccucci liberamento ispirato a “I ragazzi che volevano fare la rivoluzione” di Aldo Cazzullo (Mondadori 2021). Attraverso le testimonianze dirette di militanti, di leader di allora e di intellettuali come Erri De Luca e Marino Sinibaldi, la ricostruzione di genesi e parabola del “piccolo partito ambizioso” guidato da Adriano Sofri, tra il 1969 e il 1976, data dello scioglimento. Passato al TFF …
La produzione documentaria dell’Istituto Luce Cinecittà ha molto spazio nella 40° edizione del Torino Film Festival, ridisegnato dal neo-Direttore Steve Della Casa. Con l’ausilio degli Archivi, sono in gran parte preziose riflessioni sul nostro passato recente. Tra i più interessanti c’è Lotta Continua di Tony Saccucci, prodotto in collaborazione con Rai Documentari e Rai Play, che ricostruisce genesi e parabola del “piccolo partito ambizioso” guidato da Adriano Sofri, tra il 1969 e il 1976, data dello scioglimento. Sono testimonianze dirette di militanti, di leader di allora come Marco Boato e Gad Lerner, di intellettuali come Erri De Luca e Marino Sinibaldi, e anche di chi politicamente ha seguito tutt’altre strade, come Giampiero Mughini e Paolo Liguori.
“Il ‘900 è stato un secolo di rivoluzioni – dice a titolo di introduzione lo scrittore Erri De Luca – io ho fatto parte dell’ultima generazione di rivoluzionari del ‘900”.
Il documentario è liberamente ispirato al libro di Aldo Cazzullo I ragazzi che volevano fare la rivoluzione. La documentazione iconografica relativa alla Fiat di fine anni ’60, con una leva di operai immigrati dal Sud che a Torino trovavano i cartelli “non si affitta ai meridionali”, è decisamente preziosa.
È l’autunno caldo del 1969, anno in cui scadevano tutti i contratti dell’industria, visto dagli studenti che picchettavano i cancelli di Mirafiori, non dai sindacati. Sono le prime assemblee studenti-operai, le nuove forme di lotta, come il sabotaggio della produzione, gli operai che raccontano perché quei ragazzi li stessero a sentire “anche per via delle ragazze”, che erano carine.
Mughini, che fu Direttore Responsabile del giornale Lotta Continua per qualche tempo, sostiene che quello è stato il più vitale e il meno ideologizzato dei gruppi extraparlamentari.
Il 12 dicembre 1969, con la strage di piazza Fontana, è una data capitale. La “pista anarchica” porta all’arresto di Pietro Valpreda e alla morte, mai chiarita, di Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra del commissariato.
Tra i filmati che io, personalmente, non avevo mai visto c’è la ricostruzione delle tre versioni del preteso “suicidio” fatta da artisti impegnati come Gian Maria Volontè. Ci sono intellettuali famosi come Camilla Cederna che scrivono e parlano del caso. Lotta Continua diventa quasi una sorta di federazione di realtà di lotta diffuse, a Napoli organizza mercatini rossi per vendere alimentari a basso prezzo, mense per i bambini.
L’assassinio del commissario Luigi Calabresi e l’editoriale di Adriano Sofri, secondo cui l’omicidio ha il plauso delle classi lavoratrici, segnano l’inizio del precipizio. Da frange estremiste di Lotta Continua è nato il brigatismo armato di Prima Linea. La via parlamentare è uno scacco: alle elezioni del 1976 la coalizione di Democrazia Proletaria ottiene solo il 2 per cento.
Ci sono i ricordi di Marino Sinibaldi, e lo stesso Paolo Liguori ammette di aver introiettato l’idea delle responsabilità del commissario Calabresi, contribuendo così come tanti al clima che ha generato l’omicidio. Paradossalmente, a seppellire il gruppo saranno le femministe, che all’ultimo Congresso di Rimini spareranno a zero sul maschilismo dei loro compagni. Il resto è storia, con la condanna di Adriano Sofri, che non ha mai smesso di proclamarsi innocente ma è il solo ad aver scontato 22 anni di condanna come mandante degli assassini. Non si è sottratto, non è fuggito in Francia e non ha mai chiesto la grazia.
Non so se lavori come questo servano a spiegare, ma già farne uno strumento di memoria è importante. Come La Giunta di Alessandro Scippa, altro titolo Luce Cinecittà (con AAMOD) dedicato alla storica Amministrazione Valenzi della Napoli del 1975, come Cipria di Giovanni Piperno, su un concorso ideato tra gli altri nel 1941 da Cesare Zavattini per raccogliere storie vere di donne italiane per un film che non si realizzerà mai. Ma sono ben dodici i documentari che a Torino battono bandiera Luce: un record.
Teresa Marchesi
Giornalista, critica cinematografica e regista. Ha seguito per 27 anni come Inviato Speciale i grandi eventi di cinema e musica per il Tg3 Rai. Come regista ha diretto due documentari, "Effedià- Sulla mia cattiva strada", su Fabrizio De André, premiato con un Nastro d'Argento speciale e "Pivano Blues", su Fernanda Pivano, presentato in selezione ufficiale alla Mostra di Venezia e premiato come miglior film dalla Giuria del Biografilm Festival.
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