“I russi hanno diritto a vedere Barbie”. La rivolta degli esercenti di Mosca

Le sanzioni dell’Occidente contro la Russia, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, avevano bloccato anche il flusso dei film causando la chiusura delle sale. Era nata così l’idea di una “pirateria di stato” per riportare i kolossal hollywoodiani in Russia e far riaprire le sale a rischio chiusura. Ora, però, il governo ha cambiato idea: le pellicole occidentali mettono a rischio i valori tradizionali russi. “Barbie” compresa …

Diritto a Barbie. Un diritto che oggi sembra negato a Mosca, al punto da scatenare una bagarre, un conflitto. Uno scontro. Che una volta tanto finisce sui media e del quale quindi si può trovare traccia.

Breve riepilogo della situazione. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, immediate furono le sanzioni dell’Occidente e dei sostenitori di Zelensky contro la Russia. E subito Hollywood e le major si allinearono al blocco dell’export verso Mosca. Niente più film, niente più serie, niente più spettacoli destinati al mercato russo.

La conseguenza fu che nei primi mesi dopo quel drammatico 24 febbraio dell’anno scorso, le sale cinematografiche a Mosca, a San Pietroburgo e ovunque nell’immenso paese asiatico si trovarono sull’orlo della chiusura. La soluzione? Sembrava a portata di mano (ne abbiamo già parlato, qui ).

L’idea era quella di “legalizzare” la pirateria, una sorta di strana pirateria di Stato. La Russia cioè avrebbe preso senza pagare le copie di film e le avrebbe distribuite alle sale. Le royalties? Le avrebbe stabilite sempre il governo di Putin e le somme sarebbero state depositate in un conto a disposizione dei produttori. Quando e se le sanzioni fossero terminate. Sembrava fatta, tanto più che la stessa idea era stata già realizzata nella vicina Bielorussia di Aljaksandr Lukašėnka, amico e sodale di Putin.

Era tutto pronto. Alexei Sinitsyn, uno di quelli che contano nel cinema russo – con una qualifica sterminata: primo vice capo del comitato di politica economica del Consiglio della Federazione – aveva già scritto un apposito disegno di legge: nessuna protezione del copyright per i titolari dei film stranieri se si fossero rifiutati di concedere le licenze in Russia. Mancava solo la firma di Putin.
Che però fino ad ora non è arrivata.

Perché? La risposta la si può dedurre da un comunicato di pochi giorni fa, pubblicato sul sito del Fondo Russo per la Cinematografia (Фонд Кино). Sulle sue pagine web ha scritto una nota polemica nei confronti del progetto Sinitsyn. Dove si sostiene che la “pirateria non è accettabile”. Neanche nelle condizioni drammatiche nelle quali si trova la cinematografia russa.

Nonostante la grande soddisfazione degli organismi internazionali a difesa del copyright, la posizione del Fondo russo però ha poco a che fare con la tutela del diritto d’autore. Ha poco a che fare con questioni etiche, il rifiuto della “pirateria legalizzata” riguarda ben altro.

Perché facilitare la visione delle pellicole occidentali – scrive Fedor Sosnov, direttore del Фонд Кино – “soprattutto in un momento come questo, mette a rischio i valori tradizionali russi”. I film insomma potrebbero mettere in discussione il nazionalismo, la retorica guerrafondaia e via dicendo. Potrebbero far pensare. Meglio lasciar perdere allora, meglio che nessuno veda nulla.

Tutto risolto? No, perché la tesi delle autorità si scontrano con gli interessi di chi, a Mosca, vive – e viveva bene – con gli incassi dei film. Così, Roman Isaev, della potente organizzazione dei titolari delle sale cinematografiche, ha subito risposto pubblicamente. Anche lui assai polemico. “Il Fondo per il cinema e il Ministero della Cultura sembra che vogliano proteggere soprattutto gli interessi occidentali, non sembrano curarsi degli spettatori russi”.

Sì, insomma, aggiunge, anche durante una guerra, i “russi hanno diritto a vedere Barbie”. Varando la legge che aggira le sanzioni.
Ci sarebbe un’opzione B, comunque: si potrebbe “rimettere in carreggiata” la cinematografia russa e renderla capace di produrre film popolari come Barbie. “Servirebbero però subito almeno 60 miliardi di rubli”. Decida Putin che fare.