L’unità del cinema indipendente italiano. Che il governo sblocchi i finanziamenti

Oltre 1200 persone tra produttori, attori, registi, autori, distributori, maestranze e anche studenti, riunite al cinema Adriamo di Roma, il 5 aprile, per lanciare l’allarme sul blocco delle produzioni che sta mettendo in ginocchio l’intero comparto cinematografico. A causarlo il blocco dei contributi automatici, fermi da 4 anni, la stretta sul tax credit e l’assenza di una distribuzione equa delle risorse, la mancanza di trasparenza nel loro utilizzo e il taglio dei finanziamenti al cinema annunciato per il prossimo decreto di riparto del fondo unico dello spettacolo. Assenti dall’incontro i rappresentanti istituzionali …

 

Il miracolo si ripete: come quattordici anni fa il cinema italiano si compatta e chiede risorse e diritti, per continuare a produrre, a vivere e a contribuire a rappresentare il Paese, la sua identità e il suo immaginario.
Ora come allora, a suscitare preoccupazione e proteste è l’incertezza amministrativa e politica insieme al ritardo nell’attuazione delle misure di sostegno pubblico al cinema.

Nel 2010 il ministro della Cultura era il poeta Bondi, con Tremonti all’Economia (“con la cultura non si mangia”, ricordate?) e Berlusconi capo Mediaset del governo. Ora, con Meloni premier, c’è Giorgetti a far quadrare i conti e alla Cultura Sangiuliano, secondo il quale sempre il cinema è una fucina di pericolosi comunisti e i soldi del Tax credit sarebbero spesi meglio per fare funzionare la Sanità, quella stessa Sanità che è oggetto di sforbiciate senza pudore da parte del suo stesso Governo.

Nell’assemblea o meglio conferenza stampa convocata a Roma, il 5 aprile, nel cinema Adriano da ventitrè associazioni professionali del cinema e dell’audiovisivo indipendente c’erano tutti o quasi: oltre 1200 persone tra produttori, attori, registi, autori, distributori, maestranze e anche studenti. L’allarme arriva dall’arresto brusco della produzione cinematografica e audiovisiva nei primi tre mesi dell’anno. Da una situazione di piena occupazione e forte crescita in tutti i segmenti della filiera, che riguarda 9 mila imprese soprattutto piccole e medie e circa 180 mila lavoratori, si è arrivati a segnali di una vera e propria emergenza con molte produzioni rinviate o cancellate.

A tenere le fila Andrea Occhipinti, indipendente con la sua Lucky Red e riferimento del cinema indipendente nell’Anica, che ha dato il segno della fermezza e il tono della moderazione alla mattinata: rivendicazione del ruolo, nessuna lamentazione, protesta ma non polemica.

“Priorità è lo sblocco dei contributi automatici, fermi da 4 anni, che costituiscono una boccata di ossigeno per le produzioni che attendono di ripartire”. La preoccupazione condivisa riguarda la certezza delle regole, la distribuzione equa delle risorse, la trasparenza nel loro utilizzo e nell’immediato la ristrettezza dei finanziamenti complessivamente destinati al cinema annunciata per il prossimo decreto di riparto del fondo unico dello spettacolo e, in questo ambito, la stretta sul tax credit, ritenuto dal governo strumento di sperpero e spreco di denaro pubblico, mentre i “ribelli” sostengono che, “con un moltiplicatore di 3.54 è tra gli investimenti più virtuosi che lo Stato possa fare, investimenti di cui beneficia non solo l’industria cinematografica, ma l’economia italiana nel suo complesso”.’

Gli ultimi dati disponibili, riferiti al 2022, dicono che ben il 44% è andato a produzioni internazionali che hanno girato in Italia, il 33% a produzioni audiovisive italiane e appena il 23% al cinema nazionale. Della quota utilizzata dalle imprese italiane, l’80% circa è stato fruito da tre grandi attori del mercato cineaudiovisivo.
I temi sul tappeto sono davvero tanti e la conferenza stampa ne ha aggiunti di nuovi.

Dal ripristino dei sostegni alle imprese per le vendite all’estero e di quello delle sottoquote destinate a settori vitali come l’animazione e i documentari, alla tutela dei diritti delle imprese produttive rispetto alle grandi piattaforme di distribuzione, con la trasparenza degli investimenti reali nel cinema italiano da parte di broadcaster e piattaforme televisive. Dal riconoscimento della qualifica di lavoratori agli interpreti, con un reale sostegno del reddito in considerazione della discontinuità dell’attività e della specificità delle categorie e un contratto nazionale per registi, sceneggiatori, attori, al rispetto della parità di genere con una quota percentuale destinata a figure professionali femminili. Attualmente il rapporto è 33% donne e 66% uomini, mentre i diritti connessi ovvero il pubblico, ha sottolineato Vittoria Puccini a nome di Unita, premiano le donne in larga maggioranza.

Le prime risposte, arrivate dal sottosegretario Bergonzoni a stretto giro subito dopo la conclusione dell’incontro, cui non ha partecipato come nessun altro rappresentante istituzionale, vogliono rassicurare a prescindere. L’impressione è che per modificare sostanzialmente l’atteggiamento della politica e dell’amministrazione occorra insistere con grande determinazione. Soprattutto, come ha osservato con lucidità e ironia quel giovane rivoluzionario di Marco Bellocchio “L’impressione è che tutti abbiano ragione nelle rispettive rivendicazioni. Le diseguaglianze tra le varie categorie sono tante. Per questo non ricordo una protesta unitaria.” Bellocchio ha poi aggiunto “Come disse Moro, invoco: restiamo uniti! Ricordo l’apologo di Menenio Agrippa che riunì patrizi e plebei e Gramsci che fondò l’Unità. In questo momento catastrofico per l’umanità dobbiamo confrontarci tutti insieme con la politica che legittimamente comanda e mettere da parte rivendicazioni settoriali e personali”.