Il dolore del ritorno. Quel romanzo testamento di Ermanno Rea che Mario Martone porta a Cannes
“Nostalgia” è il romanzo testamento di Ermanno Rea pubblicato a pochi mesi dalla sua scomparsa nel 2016. Mario Martone ne ha tratto il suo nuovo film, unico italiano in concorso al Festival di Cannes. Quasi un romanzo-inchiesta sul dolore del ritorno, un romanzo collettivo sul rione Sanità un tempo fucina di guanti e scarpe di lusso, soppiantati dalla moda seriale cinese. Il racconto di una Napoli sparita tra passato e presente e la voce narrante dello stesso scrittore, medico in pensione di fede comunista …
Con Nostalgia (pp. 275, € 18, Feltrinelli 2016) lo scrittore, giornalista e fotoreporter Ermanno Rea (1927 – 2016) fa “ritorno” per l’ultima volta a Napoli, sua città natale “amata e disamata”. Dedica il volume – apparso postumo, a un mese dalla sua scomparsa – al popolare Rione Sanità dove ha trascorso l’infanzia, aggiungendo un nuovo tassello al suo “romanzo napoletano”, dopo il capolavoro Mistero napoletano (Einaudi, 1995), La dismissione (2002) sullo smantellamento dell’acciaieria Ilva di Bagnoli, simbolo di una città che cercava nell’industrializzazione la via per uscire dal sottosviluppo, Napoli ferrovia, La comunista. Due storie napoletane e Il caso Piegari.
La nostalgia del titolo non è solo quella del protagonista, Felice Lasco, che in seguito a un omicidio commesso alcuni decenni addietro dall’amico fraterno Oreste Spasiano – divenuto poi boss della camorra e ormai in declino – del quale lui è stato involontario complice, fugge diciassettenne in Libano per raggiungervi uno zio; rimane a lavorare per quarantacinque anni tra Medio Oriente e Africa senza mai fare ritorno a Napoli.
Verrà soltanto per assistere la madre in punto di morte, e compiere angosciosi andirivieni nelle viscere tufacee del quartiere della sua infanzia, dalle strade strette e tortuose, dai palazzi fatiscenti e dai bassi “fatti apposta per ingoiare chi fugge”.
È la Napoli più cruda e spietata quella che ci racconta Rea, ai piedi di Capodimonte, la Casbah della metropoli, ma dove possono spuntare, chissà come e da dove, “misteriose isole di giardini incantati”, à la Sanità che diede i natali a Totò, i guanti e le scarpe di lusso costituivano ai tempi della sua fuga la ricchezza di chi lavoravain quei vicoli, apprezzati in tutto il mondo fino al crollo provocato dalla seriale moda cinese.
La madre di Felice, guantaia raffinata, veniva chiamata “la signora”, mentre i genitori di Oreste se la cavavano rubacchiando, e la madre era una “vaiassa”, che a Napoli indica la donna che vive nei bassi e che urla.
La fuga di Felice in seguito all’omicidio sembra una risposta al monito di Eduardo De Filippo, celebre cantore della Sanità – dove ambientò appunto Il sindaco del rione Sanità – pur mai nominato nel libro: fuitevenne, andatevene! Perché accanto al benessere procurato dalla produzione dei guanti e delle scarpe persiste la miseria e vanno formandosi le baby-gang camorristiche in un rione fatto deserto morale. E Felice abbandona la sua terra per fuggire da una inevitabile carriera criminale per andare alla ricerca di una nuova vita.
Una volta di ritorno, fra una peregrinazione e l’altra, vi intrattiene interminabili conversazioni con i nuovi amici, un medico in pensione di fede comunista dell’ospedale San Gennaro dei Poveri e che agli indigenti presta cure gratuite – dietro il quale si nasconde Rea che narra in prima persona – e l’anticonformista “controcorrente e indisciplinato” parroco Luigi Rega, nome con il quale chiama l’amico Antonio Loffredo, dalle “strette di mano asciutte e gagliarde… che trasmettevano messaggi di rilevanza soprattutto terrena, attenti alla difficile arte del vivere”. Lui, che sogna di creare lavoro alla Sanità, prospetta, verso la fine del romanzo, una rigenerante visione rivoluzionaria.
Ma il vero protagonista, il “motore” di tutta la vicenda, è il Rione Sanità, e in Nostalgia Rea indaga su Napoli, di oggi e di ieri, con un racconto che va avanti e indietro nel tempo. Dove si intrecciano fra loro passato e presente, realtà e immaginazione. L’agonia della madre ricorda quella della città, e l’identità personale che Felice ricerca rientrato dall’Egitto, dove ha lasciato una donna ad attenderlo, è l’identità del rione, nonché di Napoli.
Si tratta di un romanzo-inchiesta sul “dolore del ritorno”, “un romanzo collettivo della comunità del Monacone”, ovvero della Basilica di Santa Maria della Sanità dall’imponente cupolone policromo. Rea aveva abitato a lungo alla Sanità, nella casa dei nonni, in via dei Cristallini, nel cuore del quartiere, “una strada affilata come una lama”. E conosceva bene quella vicenda sanguinante dell’assassinio accidentale di uno strozzino, espressione di tutto un modo di vivere.
Doveva raccontarla, un giorno, anche per liberarsi dell’antica angoscia. Ma tra timori e desideri, viaggi, lavoro e altri libri aveva sempre rimandato. Fino a fare appena in tempo a consegnare alle stampe Nostalgia, poche settimane prima di scomparire. “Sei stato un esempio e noi faremo di tutto per imitarti: schiena diritta e amore accanito per questo meraviglioso spicchio di terra ricevuto in sorte”: con queste parole, in conclusione del libro, gli dice addio il medico del Rione.
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