Il figlio, anzi due. La terapia in famiglia (e al cinema) di Florian Zeller è sempre un piacere
In sala dal 9 febbraio (con 01 Distribution) “The Son” secondo capitolo cinematografico della trilogia teatrale firmata dal regista e drammaturgo francese Florian Zeller. Dopo l’Oscar per “The Father” ecco che il racconto si rivolge alla realazione tra un padre separato e il figlio adolescente. Salvo poi scoprire che è lo stesso padre ad essere ancora un “figlio” tormentato. Bravi gli interpreti al servizio di un testo costruito senza giudizio e senza lasciare scampo né ai personaggi, né agli spettatori …
The son è il titolo dato alla versione cinematografica di Le fils, ultimo capitolo della trilogia teatrale di Florian Zeller, che lo stesso drammaturgo ha adattato e diretto per il cinema. Il precedente è stato l’apprezzato e premiatissimo The father, vincitore degli Oscar 2021 per la sceneggiatura non originale e per la magistrale interpretazione di Anthony Hopkins nel ruolo del protagonista. Per il primo lavoro della trilogia, La mére, al momento non ci sono avvisaglie di eventuali versioni cinematografiche.
In realtà, nel film visto in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e arrivato ora nelle sale, i figli protagonisti della storia sono due. C’è l’adolescente Nicholas, Zen McGrath, il cui malessere esistenziale genera gli eventi raccontati e svela inadeguatezze e fragilità psicologiche degli adulti che gli sono vicini.
I genitori sono divorziati da due anni e il ragazzo diciassettenne vive con la madre, Laura Dern. Ma il rapporto con lei è diventato incandescente: Nicholas rifiuta la situazione, coltiva in solitudine la nostalgia dell’infanzia felice con i genitori ancora insieme e confessa un insopportabile mal di vivere, troppo violento anche per la madre, ancora alle prese con l’elaborazione dell’abbandono da parte del marito.
Nemmeno il trasferimento del ragazzo a casa del padre Peter, Hugh Jackman, che nel frattempo ha costruito una nuova famiglia, con moglie e un bimbo appena nato, allevia il disagio psichico di Nicholas, anzi sembra accentuarlo fino all’autolesionismo.
È proprio Peter l’altro figlio di questa storia: un uomo maturo, un professionista affermato che però a sua volta non ha risolto il rapporto con un padre assente, ancora Anthony Hopkins, l’unico consapevole forse cinicamente delle sue scelte e delle loro conseguenze, al quale si rivolge nella ricerca di risposte per sé e per la sua relazione con Nicholas.
Una scena dopo l’altra, con alcuni momenti particolarmente felici, la regia si limita ad accompagnare i protagonisti e il loro progressivo, sofferto disvelamento verso un epilogo che appare inevitabile, sui binari di un testo costruito senza giudizio e anche senza lasciare scampo né ai personaggi, affidati a interpreti talentuosi e credibili, né agli spettatori.
Ad essi non resta che assistere impotenti al compiersi di un destino annunciato, magari cogliendo l’occasione per una verifica personale rispetto alla disponibilità di attenzione verso chi si dice di amare e alla volontà di assumersi responsabilità per le proprie azioni.
Prodotto da Big Indie Pictures, Ciné@, Embankment Films, Film4 e See-Saw Films, il film è portato nelle sale italiane da 01 Distribution.
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