Il j’accuse di Polanski. Lettera aperta di un intellettuale contro l’ingiustizia



Esco dalla sala dopo aver visto il film di Polanski. È stato difficile entrarci, in sala, cercando di non essere vittima prevenuta di tutte le polemiche che si sono susseguite dopo il tardivo annuncio della partecipazione del film in Concorso.

La presidentessa della Giuria che prende la distanze dall’uomo Polanski, la produzione che minaccia il ritiro del film dal concorso. E tutte le chiacchiere che ne conseguono. Mi siedo sulla mia panchina. Telefono a Giosuè, uno dei miei figli, che oggi a Roma esce guarito dopo undici giorni di ospedale.

Siamo stati ricoverati insieme per otto giorni. Dopo è subentrata la mamma. Mi chiede come sto, lui a me, e se ho visto qualche film bello. E allora gli racconto di un film, quello che ho appena visto, che mi ha fatto pensare a lui, che ha scelto di incentrare la sua mappa concettuale dell’esame di terza media sul famoso articolo di Pasolini apparso sul Corriere della Sera, “Cos’è questo golpe? Io so”, quello in cui Pasolini scendeva decisamente in campo a testa alta contro i Potenti, contro lo Stato, contro i Servizi Segreti, contro il Sistema. “Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe”… Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace”.

La lettera aperta al presidente della Repubblica francese Félix Faure, il J’accuse di Émile Zola che dà il titolo al film, è un altro dei grandi esempi di un intellettuale che interviene in maniera decisa in un affare di stato, in parte modificandone il corso. “Le mie notti sarebbero abitate dallo spirito dell’uomo innocente che espia laggiù nella più spaventosa delle torture un crimine che non ha commesso. Accuso il primo Consiglio di Guerra di aver violato il diritto, condannando un accusato su una parte rimasta segreta, ed io accuso il secondo Consiglio di Guerra di aver coperto quest’illegalità per ordine, commettendo a sua volta il crimine giuridico di liberare consapevolmente un colpevole.”

Il film contiene il J’accuse di Zola, ma racconta in maniera molto precisa e rigorosa la vicenda dal punto di vista di Georges Picquart, capo della sezione di intelligence dell’esercito francese, che scopre che sono state falsificate delle prove per condannare Alfred Dreyfus, uno dei pochi ebrei ufficiale dell’esercito francese, accusato di svelare ai tedeschi alcuni segreti militari.

La vicenda è stata narrata nel libro di Robert Harris, che firma anche la sceneggiatura del film con Polanski, L’ufficiale e la spia, pubblicato in Italia da Mondadori nel 2014. Polanski e Harris tra l’altro si erano già incontrati ai tempi del film L’uomo nell’ombra, tratto dal romanzo Il ghostwriter.

Ma J’accuse è soprattutto un film di Polanski, dalla prima all’ultima inquadratura. Un film nel suo genere perfetto, senza bisogno di aggiungere altro. Magnificamente interpretato da Jean Dujardin.

Intanto il sole ha invaso la mia panchina e Giosuè dall’altra parte del telefono si è già abbondantemente stufato di sentirmi parlare. Ci salutiamo. Lui sta per tornare finalmente a casa. Io mi avvio verso altri film.