Il tempo del miele. Arriva in sala “L’invenzione di noi due”, dal bestseller di Mattia Bussola

Arriva in sala il 18 luglio (per Be Water Film in collaborazione con Medusa) direttamente dal Taormina Film Festival, “L’invenzione di noi due” di Corrado Ceron, tratto dal bestseller dello scrittore di successo Mattia Bussola. Una storia d’amore veronese che fa del sopra le righe il suo linguaggio, perdendo la sostanza nello slalom tra i cliché e ammantando la trama di miele. Un film che si limita a restare in superficie e inseguire il titolo di “più romantico dell’anno”…

Spiegava Umberto Eco che due cliché possono farci ridere, ma cento ci commuovono. E mille invece? Esiste un termine massimo in cui il giro ricomincia? Forse sì e forse L’invenzione di noi due di Corrado Ceron, tratto dall’omonimo romanzo di Mattia Bussola, in sala a partire dal 18 luglio (dopo l’anteprima al Taormina Film Festival), l’ha raggiunto.

Per sapere chi sia Bussola bisogna alzare lo sguardo verso la cima delle classifiche della narrativa. I suoi romanzi stanno facendo la fortuna di Einaudi, L’invenzione di noi due è il quarto degli otto libri pubblicati uno dopo l’altro dal 2016, con il più recente, La neve in fondo al mare, che preannuncia di candidarsi a essere tra i romanzi più venduti dell’estate.

I bestseller, si sa, fanno gola al cinema, tanto più se ruotano attorno a una storia d’amore, tema sempre caro al pubblico. D’altro canto, per Bussola non è la prima volta, il suo primo libro era stato portato al cinema nel 2021 da Francesco Mandelli, con il titolo omonimo Notti in bianco e baci a colazione. Le ragioni del progetto sono presto spiegate, insomma, ma il film non sembra andare più di tanto oltre questo.

La frase di Eco voleva provare a spiegare il successo di Casablanca, probabilmente il triangolo amoroso più famoso e amato di sempre. Ne L’invenzione di noi due il triangolo c’è e non c’è, prova a metterlo in piedi Milo, una delle due anime della coppia protagonista, travestendosi da mittente misterioso delle lettere intriganti ricevute da sua moglie Nadia, aspirante scrittrice.

L’impianto della storia sarebbe infatti la crisi e la rinascita della storia d’amore di questi nostri due protagonisti, intenti a barcamenarsi tra aspirazioni lavorative e realtà ben più modeste per tirare avanti, anche se l’ambientazione in cui si muovono cozza irrimediabilmente con la presunta difficoltà economica.

Insomma, il contesto è dichiarato nelle parole e smentito dalle immagini, come se bastasse dirlo per renderlo effettivo. Lo stesso vale per la città in cui ci troviamo, Verona, inquadrata con occhio turistico ma senza alcuna profondità o reale interesse. D’altronde è il precario equilibrio dei film retti dalle film commission territoriali, a cui ci stiamo lentamente abituando.

La vera cifra de L’invenzione di noi due è l’eccedenza: di frasi fatte, di romanticismo ad alto tasso di miele e basso di sostanza, di temi gettati alla rinfusa. Sembra costruito per farsi citare, come i bigliettini che accompagnano dei noti cioccolatini argentati, con l’intento, dichiarato già nel suo cartellone, di vincere la gara come “film più romantico dell’anno”.

Si limita insomma alla superficie e costringe anche lo spettatore a galleggiare, senza potersi immergere in nulla: né nei personaggi, né nella trama, né nell’ambientazione. Il vincolo col libro rimane saldissimo, la voce fuori campo è una costante, legge le lettere e descrive le situazioni. Della coppia rimane solo l’invenzione, senza la realtà.

Scopriamo quindi, con buona pace di Eco, che non bastano i cliché per fare Casablanca. No, ci vogliono anche l’impermeabile di Bogart e gli occhi lucidi di Bergman, ci vogliono i soliti sospetti e You Must Remember This, ci vuole la nebbia e l’amore in tempi travagliati. E sì che, almeno degli ultimi due, la Verona di oggi e di ieri sembrava avere grandi riserve.