La dolcezza di Gervaise, la sua rovina. Emile Zola è una “expérience” da cinema, dopo Venezia

Ultima incursione letteraria nei film di Venezia 80. Arriva in sala dal 13 settembre (per Luce Cinecittà) “l’Expérience Zola” dell’autore italiano trapiantato in Francia, Gianluca Matarrese, passato alle Giornate degli Autori tra gli eventi speciali. A partire dal personaggio di Gervaise, la lavandaia de “Lo scannatoio” di Emile Zola, qui trasformata in regista teatrale, il film fa danzare insieme la realtà stessa di Matarrese, quella della storia, del teatro, del libro in un caos indistricabile, da cui usciamo con tanti dubbi e tante buone domande …

 

All’inizio del film l’Expérience Zola di Gianluca Matarrese, evento speciale alle Giornate degli Autori, la protagonista Gerveise/Anne Barbot ripresa di profilo si gira e mostra un sorriso che sembra voler rasserenare gli altri.

Non è un gran momento per lei, il marito l’ha lasciata, deve traslocare e non trova un amico che le dia una mano, ma dai suoi occhi, dalla sua faccia stanca, dai gesti, trabocca una gentilezza sorprendente.

Poco più tardi quando, in cerca di soldi per un nuovo progetto, va a trovare un produttore è proprio quella gentilezza che le viene rimproverata. Avevamo creduto in lei, le fanno capire, ma col tempo ci è parso che non abbia abbastanza personalità.

In questo film Matarrese, attinge in profondità al realismo scientifico di Zola, trasforma la lavandaia del libro Lo scannatoio in una regista teatrale (è il vero lavoro di Anne Barbot, compagna di studi di Matarrese); ciò che resta centrale nel libro e nel film è la docilità di Gervaise, fino alla rovina.

È una dolcezza la sua che ricorda la rassegnazione, della poesia di Dylan Thomas, dedicata al padre gravemente malato, Do not go gentle into that good night/ Non andartene docile in quella buona notte. E che per contrasto ci porta a chiederci quanto possiamo fare per cambiare il copione che ci è stato assegnato.

Nel nostro mondo nutrito di illusionismo, fake news e intelligenza artificiale l’inattualità di Zola è una straordinaria cartina al tornasole per guardarci allo specchio e vedere al di là delle apparenze.

Lo scannatoio di Emile Zola – titolo originale L’ assommoir– racconta la storia, o meglio, la caduta all’inferno di Gervaise, una lavandaia abbandonata dal marito alcolizzato con due figli. La donna riesce nonostante tutto a ricostruire un equilibro, apre persino una lavanderia in proprio, trova un brav’uomo e ha con lui un’altra figlia, ma è solo un’illusione, l’alcol divorerà tutto fino all’osso. Per il critico italiano Francesco De Santis: “l’Assomoire è un’evoluzione al rovescio, dall’uomo all’animale, dall’ideale umano di Gervasia, fino all’idiotismo, all’intelligenza cristallizzata”.

Non stupisce che Gianluca Matarrese (le beaux parleurs, il posto con Gianluca Colombo, Fuori tutto) abbia scelto proprio questo lavoro di Zola per il suo film. Quarantatré anni, nato a Torino, ma stabilito in Francia dal 2002, ambienta oltralpe anche quest’ ultimo lavoro.

L’experience Zola dopo Venezia esce nelle sale dal 13 settembre. Collaborano alla sceneggiatura anche i due protagonisi Anne Barbot e Benoît Dallongeville che interpreta Coupeau.

In uno dei suoi primi film Matarrese aveva documentato un fallimento economico che aveva coinvolto la sua famiglia; la sua capacità di trasformare la disfatta in arte diventa in quest’opera un sofisticato gioco a incastri e rimandi. Se Zola aveva trasformato la realtà in un romanzo, dopo un’approfondita ricerca, usando per la prima volta anche il gergo popolare, l’argot, Matarrese intreccia, realtà, teatro e cinema fino a farci perdere il filo.

È il teatro o la realtà a tirare le fila del film? È Zola o Matarrese? Nel film compare anche lui a raccontarci come ha conosciuto la protagonista, e così la realtà del regista, quella della storia, del teatro, del film, del libro danzano in un caos indistricabile, da cui usciamo con tanti dubbi e tante buone domande.