La resistenza di Pepe Mujica e compagni. Il film (da pelle d’oca) contro le dittature

In sala dal 10 gennaio (per Bim Distribuzione e Movies Inspired), “Una notte lunga 12 anni” film rivelazione di Venezia 75 del regista uruguaiano, Alvaro Brechner. Lo sconvolgente racconto dei 12 anni di resistenza umana del futuro presidente uruguaiano Pepe Mujica e dei suoi due compagni Roserncof, poeta e gionalista e Huidobro, senatore della repubblica da poco scomparso. Un film da pelle d’oca e un monito contro le derive autoritarie del nostro presente. Da non perdere …

A Venezia (presentato in Orizzonti) è stato una rivelazione. Un invito alla resistenza che è piaciuto e ha sorpreso giornalisti e pubblico. Tutti si aspettavano un’ opera di denuncia della feroce dittatura uruguaiana, e certamente Una notte lunga 12 anni, il film di Alvaro Brechner da oggi nelle sale, dice parecchio del regime forse meno conosciuto di quello cileno o argentino, ma altrettanto lugubre.

Ma lo fa in un modo tutto suo, intimo e personale. Racconta i 12 anni di resistenza umana del futuro presidente uruguaiano Pepe Mujica e dei suoi due compagni Roserncof, poeta e giornalista e Huidobro, senatore della repubblica da poco scomparso.

È il terzo film su Mujica, che ha lasciato il potere ormai da qualche tempo, ma non ha perso né carisma né fascino. Tratto dal libro Memorie del Calabozo. 13 anni sottoterra di Mauricio Rosencof e Eleuterio Fernández Huidobro (Iacobelli editore) il progetto è stato accarezzato a lungo dal regista che ha integrato il testo del libro con i racconti dal vivo dei tre protagonisti della storia.

In sintesi: nel 1973 nove capi dei Tupamaros già arrestati, vengono sequestrati in carcere dai militari e trasformati in ostaggi: i prigionieri fatti sparire dalle celle e privati letteramente di tutto (cibo, luce, spazio, vestiti, parole) saranno usati per ricattare il resto dell’organizzazione di guerriglia: voi muovete un dito e noi ve li restituiamo a pezzetti.

Il film segue tre sopravvissuti, che sono appunto Mujica, Huidobro e Roserncof, interpretati dai bravissimi Antonio Della Torre, Alfonso Tort e Chino Darin (dimagriti anche di 15 chili per essere come i loro personaggi).

La perversione con cui i protagonisti sono stati trattati è indicativa del livello di follia del regime. Ma non è il vero obiettivo del film che non dice niente di quello che succede fuori dal carcere nei 12 anni in cui si svolge. E invece ha l’ambizione di portarci così vicino all’isolamento e alla solitudine dei tre prigionieri da farci sentire sulla pelle quello che provavano loro: la battaglia che i tre uomini sostengono per non impazzire e arrendersi al regime.

Invece, a volte fantasticando, a volte giocando immaginarie partite a scacchi, scrivendo lettere d’amore, parlando con gli insetti, sbeffeggiando persino l’intera caserma, trovano il modo di attaccarsi alla vita anche in condizioni così estreme fino ad emergere dai 4323 giorni di detenzione durissima, tutti interi, anzi più forti.

È per questo che nel film accanto a scene drammatiche ce ne sono di comiche e grottesche come quando Huidobro che vorrebbe cacare, ma è incatenato a un tubo e non può sedersi sulla tazza, riesce a prendersi gioco dei suoi aguzzini scomodando di capo in capo il più importante della caserma. Un vero manuale di resistenza umana.

Forse è il silenzio la parola chiave per interpretare questo film semplice, poco costosto e così emozionante. E infatti il vero finale, meglio e più degli abbracci coi parenti che aspettano i tre all’uscita dal carcere, è la voce potente della cantante spagnola Silvia Perez Cruz che interpreta, in parte senza accompagnamento musicale, The sound of silence, una canzone che conosce chiunque abbia vissuto gli anni Settanta. Da pelle d’oca.