Le donne soldato delle sorelle del cinema francese … vincono

Premio della sceneggiatura a Delphine e Muriel Coulin per l’adattamento dell’omonimo romanzo “Voir du pays” passato a Un certain regard. Siamo a Cipro, in un hotel di lusso, dove i militari vengono accolti dagli psicologi nei “centri di decompressione”, per superare i traumi della guerra…

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Le avevamo conosciute per 17 ragazze, film d’esordio sorprendente e dall’insolito côté “femminista”, in cui delle adolescenti di provincia esprimevano la loro ribellione sociale attraverso una “maternità collettiva”, vagheggiando un futuro di sole donne.

Ora le due sorelle del cinema francese, Delphine e Muriel Coulin, le ritroviamo a Cannes “certain régard” con l’opera seconda, Voir du Pays, adattamento dell’omonimo romanzo di Delphine. Un romanzo di successo, molto premiato in Francia e che molto ha fatto parlare di sè.9782253179832-T

Il tema delle donne soldato, si sa, è argomento dai mille interrogativi, tanto più se si prende di mira, come fanno il libro e il film, nel momento del ritorno dal fronte. Un “ritorno” che la Francia rende molto “speciale” facendo passare i suoi contingenti militari attraverso i cosiddetti Sas, centri di decompressione, in cui le truppe vengono ospitate in hotel di lusso, in amene località popolate dai turisti, dove gli psicologi hanno il compito di far dimenticare loro la guerra.

Ed è proprio in un Sas a Cipro che troviamo le due protagoniste, Aurore (Ariane Labed) e Marine (Soko), di ritorno dall’Afghanistan. Due ragazze di provincia, di famiglie modeste, che si conoscono fin da ragazzine e che hanno fatto la scelta dell’esercito perché dalle loro parti non sono molto le possibilità di costruirsi un futuro. Soprattutto per le donne. Scegliendo la divisa hanno colto l’occasione di avere uno stipendio, dimostrare di avere le stesse possibilità degli uomini e conoscere il mondo (il “voir du pays” del titolo). O così, almeno hanno sperato.

Quello che ci racconta il film, infatti, è la loro disillusione. Che passa attraverso questi tre giorni di “vacanza forzata”, davanti ai simulatori coi quali gli psicologi fanno ricostruire loro i momenti traumatici del fronte, per liberarsi dagli incubi e dallo stress.

Nessuna immagine di guerra vera, ma solo realtà virtuale, come ormai appaiono i servizi trasmessi dai nostri media sulle infinite guerre dimenticate, ultima la Siria. Aurore e Marine, in mezzo ai loro colleghi uomini, sperimentano sulla loro pelle, anche la violenza dei maschi, pronta ad uscire fuori alla prima occasione. L’illusione di tornare alla pace, alla calma, alla normalità si spegne via via. Con la consapevolezza di essere stati usati, con altrettanta violenza, dal loro stesso paese, ingannati dalle promesse di un futuro “avventuroso” e “patriottico” nell’esercito.

Nel lussuoso hotel di Cipro, che divisa tra Grecia e Turchia, si fa simbolo della crisi politica ed economica dell’Europa, attraversata dalle popolazioni in fuga dalla guerra, i turisti distratti non badano a quei militari di ritorno dall’Afghanistan, come ignorano che a soli cento chilometri da lì è in corso un altro sanguinoso conflitto.