Lo strano caso del critico che non vedeva i film. La provocazione doc di Óscar Peyrou che vince
Vince il Working Title Film Festival 2020 il documentario “Searching for Oscar” di Octavio Guerra. La storia incredibile, quindi vera, di Óscar Peyrou, decano dei critici cinematografici spagnoli: che non vede film e li giudica solo dalla locandina… La sua teoria? “Puoi parlare di qualunque cosa senza sapere nulla”: una provocazione vivente sulla fruizione della cultura, uccisa dall’incapacità di goderne …
Nella galassia del lavoro di oggi, alla voce impieghi in via d’estinzione, c’è anche il critico cinematografico. Phillip Lopate assegna alla critica la stessa dignità delle altre arti (“La critica cinematografica è una branca della letteratura”: leggere Una vita allo schermo di Stefano Calzati, Mimesis), ma non fanno lo stesso editori e lettori, così l’esemplare va scomparendo.
Uno degli ultimi esponenti della vecchia scuola, i critici salariati, è Óscar Peyrou, presidente dell’Associazione dei critici cinematografici spagnoli: di lui racconta Searching for Oscar di Octavio Guerra, il documentario presentato al Working Title Film Festival che si svolge in streaming online fino al 15 ottobre.
Il critico Peyrou ha una particolarità: non vede i film. Proprio così: dopo un’altra “vita allo schermo” ha deciso di smettere, limitandosi a giudicare i titoli dalla locandina, dal titolo e dai nomi degli attori. Lavora molto, Oscar: lo vediamo recarsi nei maggiori festival europei, fare lunghe colazioni, tenere conferenze, commentare film che non ha visto. A un festival nei Caraibi fa il bagno al mare e poi si dedica alla cyclette. Come suggerisce il titolo che lo “cerca” lui non c’è mai, sta sempre da un’altra parte. Attenzione però: il paradossale Óscar non è esattamente un truffatore, anzi la necessità di non vedere film la teorizza. E l’opportunità – se proprio devi – di affrontarli in stato di dormiveglia: “Così non sei troppo coinvolto, non ti appassioni, niente è troppo bello né troppo brutto, tutto resta in uno stato di aurea mediocritas”.
Peyrou fa lezione a una classe di giovani: “Il critico te lo devi comprare”, afferma con la massima serietà, non attraverso soldi ma offrendogli da bere, regalando una bottiglia di vino, in una vera e propria lezione di benevolenza e manipolazione del giudizio. Molti lo ritengono imbarazzante, naturalmente: ”Io invece credo sia un ottimo metodo”. Il regista Octavio Guerra segue Peyrou nella sua routine festivaliera: quando un film inizia egli rigorosamente esce dalla sala e va a fare altro.
Alludendo a qualche critico fallito, di solito si dice: “Quello il film neanche l’ha visto”. Ecco, Óscar Peyrou di sicuro non li ha visti: eppure le sue recensioni sono sempre puntuali, i workshop di critica pieni, le dissertazioni con i colleghi tenaci e appassionanti. Peyrou, provocazione bipede, apre una riflessione sfacciata sulla fruizione della cultura, su dove essa sta andando oggi, sull’usanza – ormai svanita – di concedere a un’opera il tempo che chiede, come suggeriva Adorno.
Óscar fa il contrario: critica un film dalla locandina, come un libro dalla copertina. “Se lo guardi tutto il tuo giudizio diventa troppo soggettivo”, sostiene. Nell’epoca della fine della critica il critico esce dalla sala e si apre al mondo, fa lunghe camminate, passeggia nei boschi. Rifiuta l’autismo di una cinefilia chiusa in se stessa. Rifiuta, tutto sommato, anche il cinema. “Di qualunque cosa puoi parlare senza sapere niente”, dice Óscar Peyrou. Ha ragione: basta aprire un social network per averne la prova.
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