Macché Inferno e Inferno, meglio quello del 1911
Se nelle sale ancora impazza “L’inferno” di Ron Howard noi vi proproniamo una chicca d’epoca: il primo kolossal italiano del 1911, ispirato al capolavoro dantesco, in cui fu coinvolto anche Gabriele D’Annunzio. Effetti speciali e décor alla Gustave Doré lo resero un successo planetario. Ecco il settimo appuntamento con la rubrica dedicata ai classici della letteratura diventati dei classici del cinema…
La legge Franceschini rischia di cancellare il cinema di qualità. Ma ci fu un tempo in cui nelle nostre sale si potevano vedere grandi capolavori: tornando indietro rispetto al neorealismo o alla grande stagione degli anni ’60 e ’70, il cinema italiano di inizio Novecento fu all’avanguardia con una ricchezza produttiva senza eguali. L’industria cinematografica nel nostro Paese nacque tra il 1904 e il 1907 e in pochi anni si passò dalle 7 pellicole prodotte nel 1905 alle 267 del 1908, che si ispiravano prevalentemente alla storia e alla letteratura.
I principali centri di produzione erano Torino e Roma e in seconda battuta Napoli. Ma il 6 febbraio del 1908 venne fondata a Milano la Saffi (Società Anonima Fabbricazione Films Italiani) che pochi mesi dopo si fuse con la Comerio Group, fondata da Luca Comerio (tra i pionieri del cinema nel nostro Paese) che vantava un impianto di produzione stabile e aveva già realizzato, tra gli altri, la prima versione cinematografica de I promessi sposi, diretta da Mario Morais nel 1908.
La Saffi-Comerio volle rimanere nel filone delle trasposizioni di grandi opere letterarie e nel 1909 iniziò a lavorare per portare sul grande schermo il capolavoro per eccellenza della letteratura italiana, la Divina Commedia. Diede pertanto avvio al progetto Dante o Saggi del Poema Dantesco (i primi 10 canti dell’Inferno), che vinse la Medaglia d’oro del Ministero dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio.
Nello stesso anno il barone Paolo Ajroldi di Robbiate (futuro nonno materno di Letizia Moratti) entrò nella società, mise in minoranza Luca Comerio e trasformò la Saffi-Comerio in Società Anonima Milano Films. Il 30 dicembre 1909 venne presentata la nuova dirigenza formata, oltre che da Paolo Ajroldi di Robbiate, dal conte Pier Gaetano Vanino, il principe Urbano del Drago, il conte Carlo Porro e Giovanni Visconti di Modrone (fratello di Umberto, dirigente del teatro La Scala). La nuova aristocratica dirigenza non abbandonò, tuttavia, il progetto sulla Divina Commedia che venne finanziato anche dalla Società Dante Alighieri.
La faraonica produzione mise insieme alcuni dei maggiori talenti dell’epoca: lo scrittore Adolfo Padovan, l’attore Salvatore Anzelmo Papa scelto per il ruolo di Dante, i direttori artistici Giuseppe De Liguoro e Francesco Bartolini, il poeta e scrittore Gabriele D’Annunzio, il direttore della fotografia Emilio Roncarolo e Gustavo Lombardo che seguì la distribuzione segnando importanti novità.
Sulla scia dell’entusiasmo suscitato dalla Milano Films, la Psyche Helios Film, una piccola casa di produzione di Velletri che chiuse i battenti nel 1916, realizzò in poche settimane una pellicola ispirata all’Inferno dantesco che uscì nelle sale a fine 1910 battendo sul tempo la produzione colossale della Milano Films. La pellicola, un cortometraggio di 15 minuti (400 metri di pellicola), ricostruisce alcuni episodi del viaggio di Dante (Giuseppe Berardi) accompagnato da Virgilio (Armando Novi) nell’Inferno. Una versione ridotta, con una buona padronanza tecnica e con un tocco sexy in più: Francesca viene mostrata a seno nudo.
Questo plagio portò la Milano Films a depositare la sua pellicola alla Prefettura di Milano: L’Inferno divenne così il primo film italiano ad essere inserito nel “Pubblico registro delle opere protette”, l’odierno copyright.
L’Inferno della Milano Films venne diretto da Francesco Bertolini e Adolfo Padovan con l’assistenza di Giuseppe de Liguoro che si ispirarono alle celebri illustrazioni della Divina Commedia di Gustave Doré. Con i suoi oltre 1000 metri di lunghezza (5 bobine) fu il primo lungometraggio italiano e venne girato in teatri di posa e in esterni tra Mandello, Carimate, Monte Grigna e Arenzano.
La storia del film, composto da 54 scene, è ovviamente nota. Smarrito nella selva oscura, Dante (Salvatore Papa) viene aiutato da Virgilio (Arturo Pirovano) ed entra nell’Inferno. I due passano da un girone all’altro e incontrano Paolo e Francesca (Augusto Milla e Emilise Beretta), Farinata degli Uberti, Pier della Vigna, Ugolino della Gherardesca (tutti e tre i ruoli vennero interpretati da Giuseppe de Liguoro), superano Lucifero (Attilio Motta) ed escono dagli inferi.
Una trasposizione piuttosto fedele della prima cantica della Divina Commedia, possibile grazie alle innovazioni tecniche degli autori che si ispirarono al lavoro del grande Georges Méliès. Da segnalare, a tal proposito, gli effetti per i lussuriosi trascinati dalla bufera, il petto squarciato di Maometto tra i dannati, la testa staccata di Bertrand de Born, effetti ottenuti tra sovrimpressioni ed esposizione multipla. Senza dimenticare la realizzazione di Pluto e di Lucifero. Decine di comparse e scene di nudo integrale per quello che può essere considerato il primo kolossal della storia del cinema.
L’Inferno venne presentato in anteprima nazionale al Teatro Mercadante di Napoli il primo marzo del 1911 alla presenza di Benedetto Croce. Il giorno seguente Il Mattino di Napoli scrisse: “Noi che spesso abbiamo detestato il cinematografo, per la banalità e la scempiaggine dei suoi spettacoli… abbiamo fatto ammenda… il film della Milano per l’Inferno di Dante ha riabilitato il cinematografo: per chiunque, tale spettacolo sarà un vero palpito di curiosità ed emozione”. Fu un successo di pubblico e di critica, sia nazionale che internazionale.
La distribuzione venne seguita da Gustavo Lombardo che aveva fondato sia la Lombardo Film (oggi Titanus, la prima casa di distribuzione in Italia), sia la rivista Lux. Questa fece un grosso lavoro di promozione per L’Inferno tra l’altro aggiornando i lettori sullo stato delle riprese e creando un’attesa che facilitò la distribuzione della pellicola (che si fondò non più sulla vendita diretta o sul noleggio della copia, bensì sulla cessione dei diritti dell’opera per area geografica o paesi). Il film venne pertanto diffuso in Lombardia, Toscana, Piemonte-Liguria-Emilia, Veneto-Trento e Trieste, Roma, Marche, Umbria e Abruzzi nonché Francia, Egitto e soprattutto negli Usa.
L’Inferno dantesco, del resto, ha continuato nel tempo a ispirare il cinema (e la letteratura). Come ben sanno i fan di Tom Hanks, protagonista de L’Inferno di Ron Howard, il kolossal hollywoodiano che ha di recente monopolizzato i botteghini. Anche se Dante stavolta c’entra poco visto che l’ispiratore di prima mano è Dan Brown coi suoi best seller da “cineturismo”. Ma tant’è.
Nell’89 troviamo poi A tv Dante, versione televisiva firmata per Channel 4 dal visionario Peter Greenaway insieme a Tom Phillips. Continuando ad andare indietro nel tempo segnaliamo La nave di Satana (Dante’s Inferno, 1936) diretto da Harry Lachman e interpretato da Spencer Tracy, Go Down, Death! (1944) del regista afroamericano Spencer Williams Jr. che si ispirò alla pellicola della Milano Films, ma a distanza di oltre cento anni quella del 1911 rimane la migliore trasposizione cinematografica del capolavoro di Dante Alighieri…
In attesa di Aleksandr Sokurov. Sì perché il regista russo, autore tra gli altri, di Madre e figlio (1997), Moloch (1999), Arca russa (2002), Faust (2011), Francofonia (2015), ha infatti dichiarato che sta pensando di realizzare un film sulla Divina Commedia: “È uno dei libri più grandi da cui imparare. Parlo non della dimensione politica, ma della ricerca nell’animo umano, mi eccita molto l’idea di metterlo sullo schermo. Rigorosamente in italiano. Mi chiedo come mai nessun regista italiano l’abbia fatto già” (fonte Adnkronos). In realtà nel 1911 qualcuno l’aveva già fatto.
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