Noir romeno con fischi alle Canarie. Il nuovo di Porumboiu (tra i pochi) in sala

In sala dal 27 febbraio (per Valmyn), “La Gomera, l’isola dei fischi” del rumeno Corneliu Porumboiu. Un’isola selvaggia, un misterioso linguaggio a base di fischi, un poliziotto corrotto e una dark lady.  Il modello è quello classico del noir americano rivisitato attraverso un gran mix di generi. Senza però troppe sorprese …

La Gomera, isola che fa parte dell’arcipelago delle Canarie, c’entra e non c’entra con l’omonimo film del regista romeno Corneliu Porumboiu, finanziato da un agguerrito pool di produttori romeni con un occhio al mercato globale e distribuito in Italia da Valmyn, a partire dal 27 febbraio.

C’entra perché lì è ambientata una parte del film, in particolare quella che dà sostanza alla sua idea portante: comunicare una serie di frasi in codice attraverso il linguaggio dei fischi. Non c’entra poi tanto, perché un’idea così stimolante finisce per perdersi a favore di una narrazione improntata prevalentemente all’artificio cinefilo.

Cristi, un ispettore di Bucarest dai metodi non proprio limpidi, viene coinvolto in un colpo milionario in cui hanno la loro parte la mafia e alcuni personaggi che ricordano da vicino la Stasi e i suoi metodi di spionaggio al limite del voyerismo (alcune scene fanno espresso riferimento a La vita degli altri, senza contare Psyco).

Per portare a termine il progetto, Cristi e la classica dark lady che non può mancare in questo genere di film si trasferiscono nell’isola selvaggia e inquietante di Gomera. Qui dovranno imparare a fischiare in codice per trasmettersi messaggi.

Il modello è quello classico del noir americano, influenzato prepotentemente – soprattutto nell’uso della fotografia – dai gialli resi popolari dal cinema scandinavo.

Un mix di generi, però, non porta sempre a un risultato originale. E in questo caso era lecito aspettarsi di più da un film romeno che, con una produzione ricca come in questo caso, poteva trasmettere qualcosa del carattere di un paese, che rimane pur sempre un oggetto misterioso specie per quanto riguarda la produzione artistica. La stessa Gomera è resa un po’ impersonale da un uso eccessivamente freddo della fotografia, tanto da far pensare che alla fine un posto vale l’altro, Bucarest e Gomera come Oslo, Phoenix o Berlino.

Il film è diviso in episodi e ha un montaggio alternato che però non dà fluidità al racconto e non trova mai una chiave persuasiva. Degna di nota, invece, è la colonna sonora, che spazia dall’opera ai valzer di Strauss e Iggy Pop. Il regista dice di essersi divertito a creare dei contrappunti musicali sorprendenti, utilizzando, ad esempio, la musica classica in scene molto violente o d’azione per giocare con i codici di genere e sovvertirli. Ma Arancia meccanica e 2001 Odissea nello spazio non avevano fatto la stessa cosa molti anni prima e con risultati molto più convincenti?