“Prigioniero del Papa Re”: Spielberg rinuncia al film sul caso Mortara… ma arriva Bellocchio

Marco Bellocchio al lavoro sul film che racconterà la storia di Edgardo Mortara, bambino ebreo sottratto alla famiglia da Papa Pio IX nel 1858 per essere cresciuto a Roma come cattolico. Una vicenda a lungo dimenticata in cui l’oppressione del regime temporale ecclesiastico (e la sua crisi) si incrocia col morbo antico dell’antisemitismo, e che già aveva attirato l’interesse di Steven Spielberg, per anni al lavoro su un (tramontato) adattamento del libro “Prigioniero del Papa Re” di David Kertzer. Per Bellocchio firmano la sceneggitura Susanna Nicchiarelli e Stefano Massini…

La storia (anche quella del cinema) non si scrive con i “se” e con i “ma”… tuttavia, possiamo dire con sufficiente certezza che il film di Marco Bellocchio sul caso di Edgardo Mortara (bambino ebreo rapito da Pio IX) sarà molto diverso da quello che avrebbe realizzato Steven Spielberg, il quale ha recentemente rinunciato al progetto: diverso, ma non meno incandescente, anzi.

Lo conferma, se mai ce ne fosse bisogno, lo stesso Bellocchio (reduce dal meritato successo del Traditore, trionfo ai David 2020), che intervistato da Repubblica afferma come il suo film (dal titolo provvisorio La confessione) metterà in primo piano la «indubbia violenza terribile perpetrata verso un bambino e dovuta al fanatismo religioso, l’idea che in nome di una fede si potesse fare tutto»: in esplicita contrapposizione a chi, ancora oggi, giustifica l’operato della curia di allora, adducendo tra l’altro la tesi di una presunta conversione spontanea di Mortara, ricavata dalla controversa autobiografia di quest’ultimo.

A coadiuvare Bellocchio nell’opera, oltre allo stesso team di produttori del lungometraggio su Tommaso Buscetta (IBC Movie e Kavac Film con Rai Cinema), anche lo scrittore-drammaturgo Stefano Massini (tra le sue opere, l’acclamata Lehman Trilogy, portata in scena all’estero anche da Sam Mendes, nonché il dramma operaio 7 minuti, da cui l’omonimo film) e la sceneggiatrice-regista Susanna Nicchiarelli (pluripremiata per il suo Nico, 1988, e presto a Venezia con Miss Marx), entrambi al lavoro sulla sceneggiatura.

La vicenda da cui si parte, in effetti, sembra nelle corde tanto di Bellocchio quanto di Spielberg. Una pagina di antisemitismo e dominio temporale cattolico (ormai al tramonto, ma ancora in grado di fare danni, nell’Italia risorgimentale) su città come Bologna, dove il 23 giugno 1858 la polizia pontificia (su mandato dell’Inquisizione) strappa a una famiglia di commercianti ebrei il piccolo Edgardo all’età di sette anni. Questi, segretamente battezzato da una domestica cattolica, agli occhi delle autorità clericali non può (più) crescere con i familiari, data l’inconciliabilità tra le due confessioni allora professata.

Sul destino di Edgardo, cresciuto a Roma presso la Casa dei Catecumeni (sotto l’occhio vigile dello stesso pontefice) e poi avviato alla vita sacerdotale, si consuma quindi una partita non solo religiosa ma sottilmente politica, nel tentativo di farne un simbolo di conversione e “redenzione” a favore del potere papale in profonda crisi.

L’episodio suscita una certa risonanza all’epoca (grazie anche alla battaglia, quasi del tutto vana, dei Mortara che coinvolgono le comunità ebraiche nel mondo), salvo poi sprofondare nel silenzio della nostra storiografia: almeno fino a quando la studiosa Gemma Volli non pubblica nel 1960 il volume Il caso Mortara (da poco riedito per Giuntina), cui segue una nuova serie di contributi tra cui quello di David Kertzer, The Kidnapping of Edgardo Mortara (edito in Italia da Rizzoli col titolo Prigioniero del Papa Re).

Proprio da quest’ultimo il regista di Schindler’s List intendeva trarre il suo film, annunciato nel 2016 e poi arenatosi nell’infruttuosa ricerca di un bambino adatto al ruolo del protagonista. Peccato, da un lato, perché il progetto poteva già contare su interpreti di tutto rispetto come Oscar Isaac (memorabile protagonista di A proposito di Davis dei Coen), nella parte del padre di Edgardo, e Mark Rylance (Oscar per Il ponte delle spie) nel ruolo di Pio IX.

E soprattutto, oltre alla sceneggiatura del drammaturgo premio Pulitzer Tony Kushner (MunichLincoln), il film di Spielberg si sarebbe avvalso appunto del lavoro di Kertzer, da tempo impegnato a denunciare le responsabilità delle gerarchie ecclesiastiche nel radicamento dell’antisemitismo e nell’ascesa del fascismo che, alleato dei nazisti, lo porterà alle estreme conseguenze: argomenti cui ha dedicato anche volumi come I papi contro gli ebrei Il patto col diavolo. Mussolini e Papa Pio XI (Pulitzer 2015).

Ma possiamo aspettarci che Bellocchio non farà rimpiangere Spielberg: al contrario, avremo certamente meno rischi di patina hollywoodiana e idealizzazione dei vincoli familiari col regista de I pugni in tasca, che ha già scritto il soggetto durante il periodo di lockdown, e che prende le mosse non dal libro di Kertzer ma dalle fonti dirette (atti processuali e altri documenti dell’epoca), col supporto della storica Pina Totaro.

In questo progetto potrebbero dunque fondersi felicemente la critica di Bellocchio all’integralismo religioso col gusto del regista per gli affreschi storici politicamente (e polemicamente) impegnati (Vincere e lo stesso Il traditore). Il film, infatti, ha specificato ancora Bellocchio, più che sull’intera biografia del protagonista, si focalizzerà sul fato del potere temporale ecclesiastico, concludendosi con la presa di Porta Pia del 20 settembre 1870.

Anche se, ammette il regista, la parabola di Mortara offre spunti potenzialmente (e drammaticamente) emblematici anche nel suo epilogo: l’ex bambino rapito dall’ultimo papa re, infatti, morirà novantenne in Belgio nel 1940, mentre una nuova (e la più spaventosa) espressione dell’odio antisemita dilaga in un’Europa che l’aveva tanto a lungo coltivato.