Un po’ (poco) di Tabucchi in un doc. A sei anni dalla sua scomparsa
In sala dal 16 aprile (con Movieday) e poi il 25 aprile su LaF, “Se di tutto resta un poco. Sulle tracce di Antonio Tabucchi”, documentario di Diego Perucci dedicato al grande scrittore toscano, scomparso nella sua Lisbona nel 2012. Una raccolta di testimonianze tra amici, scrittori e docenti universitari nel tentativo, didascalico, di restituire un ritratto dell’uomo e dell’artista che fu bersaglio del potere berlusconiano …
“La mia patria è la lingua italiana. Quella patria lì me la metto in tasca e me la porto dove voglio”. Chi ha conosciuto Antonio Tabucchi, scomparso nella sua Lisbona nel 2012, chi l’ha amato attraverso i suoi romanzi, sa quanto la sua anima errante sia ingrediente stesso della sua preziosa letteratura.
Proprio da qui, infatti, parte Se di tutto resta un poco. Sulle tracce di Antonio Tabucchi, in uscita al cinema (dal 16 aprile con Movieday) e poi in tv (il 25 aprile, ore 21.10) su laF, il canale di Feltrinelli, casa editrice di riferimento per l’intera opera dello scrittore toscano, al cui ultimo titolo portato in libreria postumo (Di tutto resta un poco. Letteratura e cinema) fa riferimento questo documentario, nato (e più volte rimaneggiato negli anni e prodotto da Echivisivi) dalla passione di un collettivo di ragazzi senesi il cui amore per Tabucchi s’intuisce già dal nome: dottor Cardoso.
A firmarne la regia è Diego Perucci che – guarda le affinità elettive – si è laureato su Fernando Pessoa proprio all’Università di Siena, dove l’autore di Sostiene Pereira (folgorato dal grande scrittore portoghese giovanissimo) ha insegnato a lungo, dovendosi pure difendere dalle accuse di assenteismo, reiterate ossessivamente da un Giuliano Ferrara, allora, in modalità pantzer per conto di Berlusconi. Scatenato al punto da demolire, quotidianamente, a mezzo stampa le memorie partigiane del Tristano muore, scritto da Tabucchi nel 2004.
Erano quelli gli anni durissimi dello scontro frontale col potere berlusconiano. Che Tabucchi, intellettuale lucido e rigoroso, portò avanti a testa alta, anche e soprattutto dalle colonne de L’Unità di Furio Colombo. Da uno dei suoi articoli, quello in cui cui interpellava l’allora presidente del senato Schifani, sul suo passato e sulle sue dubbie frequentazioni, nacque un caso di censura clamoroso: il forzista pretese in tribunale 1 milione e 300 mila euro dallo scrittore.
La querelle oltrepassò i confini nazionali e numerosi intellettuali europei presero la difesa di Tabucchi dalle pagine di Le monde. Ma intanto lo scrittore toscano era diventato un bersaglio. Proprio come il suo Pereira, costretto alla fine a fuggire dal Portogallo, soffocato dal regime di Salazar.
Sorvola sui “dettagli” delle censure il documentario. Mancano anche i riferimenti a L’Unità. Ma a raccontare il generale clima da caccia alle streghe subito da Tabucchi sono i suoi amici più vicini, suo figlio Michele, i suoi colleghi dell’Università che parlano, infatti, di una grande solitudine, di un grande isolamento nel quale la sua memoria sembra vivere tutt’ora, “dimenticato” in Italia e celebrato all’estero.
Attraverso un lungo elenco di testimonianze (tra cui gli scrittori Paolo Di Paolo e Maurizio Bettini, il critico Paolo Mauri), nella più classica e convenzionale delle strutture, Se di tutto resta un poco tenta di mettere insieme le molte anime di Tabucchi.
Quella “confederazione di anime” per dirla col dottor Cardoso, che hanno offerto materia viva ai tanti personaggi da antologia usciti dai suoi romanzi. E arrivati pure al cinema, numerosi, con gli adattamenti di Notturno Indiano (Alain Corneau), Piccoli equivoci senza importanza (diventato Rebus di Massimo Guglielmi), Il filo dell’orizzonte (Fernando Lopes), Sostiene Pereira (Roberto Faenza), Requiem (Alain Tanner). Film non sempre riusciti che testimoniano però ancora una volta l’internazionalità di Tabucchi. Ma poco anche del “suo” cinema c’è nel doc.
Di molto, invece c’è della sua Vecchiano, dove è nato nel’43 e di cui assistiamo ai folcloristici – e superflui – racconti dei suoi concittadini. Di molto ancora c’è delle Università italiane in cui ha insegnato: Siena, Genova, Bologna, attraverso le troppe testimonianze dei suoi colleghi docenti, nessuna realmente toccante.
Di bello e forte invece ci sono i ricordi di sua moglie Maria Josè de Lancastre, conosciuta a Lisbona appena arrivato in città, attirato in quel paese dimenticato, ingrigito e sepolto dalla dittatura fascista di Salazar, da quel racconto di Pessoa, La tabaccheria, che lo avrebbe spinto a dedicare una vita intera a tradurne le opere e ad occuparsi di letteratura.
Della sua di letteratura, invece, se poco ancora una volta ci dice il film, più indirizzato a ritrarre l’uomo che l’artista, ci resta invece molto attraverso i suoi tanti scritti. Passati e futuri. Altri ne arriveranno, infatti. Dopo i postumi Per Isabel e la raccolta dei suoi scritti, su cinema e letteratura (il già citato Di tutto resta un poco, dalla forgorante poesia di Drummond de Andrade, Residuo) entrambi pubblicati dalla solerte Feltrinelli, sono attesi per Natale due Meridiani Mondadori (a cura di Paolo Mauri e Thea Rimini) con scritti vari, più un romanzo inedito. E chissà che direbbe Tabucchi a sapere di essere pubblicato dalla casa editrice di casa Berlusconi. O peggio, a scoprire che oggi nessuno ci farebbe caso.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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